Musso vuol trasformare la città in un salotto

Musso vuol trasformare la città in un salotto

Poi è stato trionfo, il popolo del centrodestra ad applaudire sempre più convinto fino al «grazie Enrico» finale. Subito era iniziata un po’ così, per Enrico Musso il candidato sindaco della Casa. Quando è arrivato, per dire, abito elegante sulla sua bicicletta elettrica. Il plotone di telecamere e taccuini che lo avvicina, i microfoni che lo puntano, la prima domanda pronta a partire e invece no, c’è un immediato dietrofront, la stampa intera dà le spalle al candidato, che è arrivato Claudio Scajola e ubi major. E poi sul palco, adesso finalmente vi dico chi sono e vi spiego cosa voglio fare per Genova, e sul più bello arriva Lui, Silvio Berlusconi, e lo interrompe. Fortuna che a Enrico Musso non manca l’autostima, ecco, e infatti ironizza: «Mi rassegno a venire sovrastato da un’ovazione che non sarà per me» sorride subito prima che entri il leader azzurro.
A entrambi i candidati, ieri è toccato parlare dopo l’ex premier, e non è che sia una roba semplice. Epperò Enrico Musso e Renata Oliveri si son difesi eccome, dal palco dell’auditorium del magazzini del Cotone. Lei che il primo applauso lo strappa subito quando dice: «Sia io che Musso siamo persone che non vivono di politica. Per noi la politica è una passione, non un mestiere», e che così rincuorata va all’attacco: «Questa sinistra è una cappa rossa che blocca ogni cosa, e l’ho provata sulla mia pelle: inserire la politica nelle istituzioni, negli organismi, nell’economia. A Genova c’è il rischio di un forte declino, perché l’imprenditoria è schiava di logiche di potere». La corsa per una Provincia già destinata a scomparire? «Sono la persona giusta per gestire il passaggio alla città metropolitana, perché mi sono sempre occupata di riforme istituzionali». Del resto, fa appello al voto: «È importante che in questa fase non ci sia uniformità politica, che almeno un ente riesca a rompere l’arroganza della sinistra», e poi bando all’emozione: «Io mi candido con voi e per voi».
Dal canto suo Musso prende la parola, come dire, duramente: «Qualcuno mi accusa di essere troppo morbido? ve ne accorgerete». E sì che è stato tutto rapidissimo. Sette giorni fa non immaginava, che oggi sarebbe stato qui. «Poi ho conosciuto Berlusconi». Applausi. E allora eccolo sul palco, a raccontare la sua Genova. Sarà «la casa di tutti i genovesi» ripete più volte insieme allo slogan: «Mille voti al giorno e ci togliamo la sinistra di torno».
«La prima cosa di cui voglio occuparmi è rendere la città più accogliente, bella, curata, vivibile e sicura. Gli spazi pubblici devono diventare come la casa di tutti i genovesi. E poi bisogna rimettere ordine della macchina comunale e nei servizi che eroga». È fissato con il risparmio energetico, «un settore che la sinistra ha completamente dimenticato», e così lancia la figura di un «energy manager» che se ne occupi, «dall’uso di lampadine a basso consumo ai mulini a vento sulle colline della città». Punterà su economia, porto, logistica, hi-tech: «Lavorare per l’impresa - scandisce - non è fare il bene del capitale, ma del lavoro». Vuole riprendersi il tema della solidarietà, «non è vero che è di sinistra, è roba nostra, dei liberali e della destra sociale: certo visto che si tratta di soldi pubblici va gestita con efficienza, e i soldi che avanzano non devono essere usati per assistere gli assistenti». Spiazza sull’immigrazione: «Dobbiamo avere il coraggio di distinguere fra i molti immigrati onesti che Genova ricca e libera sa accogliere» dice. Gelo in sala e lui: «Non mi aspettavo l’applauso». Ma poi conquista l’ovazione: «Altra cosa è il tema della sicurezza: i delinquenti, italiani o stranieri, saranno colpiti senza compromessi». Su tutto, dice Musso che «vorrei poter consegnare ai cittadini le chiavi della città: tutti devono poter vedere e valutare l’operato del primo cittadino giorno dopo giorno. Penso a una commissione di cittadini che controlli, e sono disposto a sistemare una web cam sulla mia scrivania, perché mi ammazzerò di lavoro». Dice che «conosco bene le lingue, ma mi servirebbe un vocabolario per tradurre dal politichese».

Lo rassicura Berlusconi: «Noi dobbiamo continuare a parlare come a casa, come in azienda, come in università. E dire alla gente che sono parole inutili quelle di cui si riempie la bocca la sinistra». La corsa è cominciata.

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