Muti gran nocchiero guida alla vittoria la nave di Ifigenia

All'Opera di Roam applausi entusiasti accompagnano il maestro che riporta Gluck nella capitale dopo mezzo secolo

Muti gran nocchiero guida alla vittoria la nave di Ifigenia

Roma - L’Opera di Roma, prima dell'opera di Gluck Ifigenia in Aulide contava tanti vip, dal Presidente Napolitano, al sottosegretario Letta, al sindaco Alemanno. Muti dirige l’Ifigenia in Aulide: «Grande trionfo, mia cara Cristina!», un messaggio simile avrebbe potuto inviarlo Riccardo (Muti) alla sua Cristina (Mangiavillani Muti), a conferma del trionfo annunciato della Iphigénie en Aulide, nell’originale francese, di Christoph Willibald Gluck, affidata alla sua bella e sicura direzione con i complessi dell’Opera di Roma. Autrice, invece, ne fu Maria Antonietta e destinataria del messaggio, sua sorella Maria Cristina di Sassonia-Teschen.

Ma più interessante di quel messaggio è il seguito. «Non si riesce a parlare d’altro - scriveva la regina di Francia - su questo importante avvenimento regna in tutti i cervelli la più straordinaria eccitazione. Ci si divide, ci si accapiglia come se si trattasse di un affare di religione; a corte, benché io mi sia pronunciata pubblicamente a favore di quest'opera geniale, ci sono pareri avversi e discussioni di una vivacità singolare». Questo, a Roma, non è accaduto, né sarebbe potuto accadere, in Italia, perché il melodramma, amato e seguito, non costituisce più argomento di discussione. Ciononostante, l'esito della serata resterà a lungo nella memoria e riuscirà a ripagare qualunque nostalgia del tempo che fu.

Muti a Roma. L’avvenimento è questo, più che il ritorno dell’opera di Gluck, praticamente sconosciuta in città, da dove mancava da oltre mezzo secolo. A Milano la si è ascoltata per sant’Ambrogio 2002, agli Arcimboldi, in uno spettacolo firmato dal pittore-regista greco Yannis Kokkos e già con la direzione di Muti.

Dimenticata Aida - regia di Wilson e direzione di Oren - che sembrò cancellare in un colpo la bella prestazione dell’Opera di Roma registrata nell’Otello di Verdi diretto da Muti, dopo questa perfetta Ifigenia finalmente si potrà tornare a parlare di riscossa, di nuovo corso, se la dea Diana, appagata dalla generosità di Ifigenia, compirà il miracolo di legare il nome di Muti a quello dell’Opera di Roma con un incarico di direttore musicale. È ciò che tutti vogliono, e non mancano segnali positivi. La scena si presenta spoglia, immersa in un azzurro denso, il mare, che sancirà la vittoria o la sconfitta di Agamennone, in attesa di salpare, col favore di Diana e dei venti, contro Troia. A guardia, sporgenti polene di navi, con la figura gigantesca e minacciosa della dea.

I protagonisti, sempre in primo piano, di tragica compostezza, mentre il dramma agita in loro mente e cuore; e il coro (ottimo) li cinge, sprona o biasima. Sono personaggi veri, e cantano con grande passione, stilisticamente perfetti. La protagonista, Krassimira Stoyanova, applaudita a scena aperta dopo l’aria di addio ad Achille (Avi Klemberg, giusto nel ruolo, sebbene con un timbro eccessivamente chiaro); l’Agamennone statuario ed altero in faccia alla dea che vuole sua figlia in sacrificio; Clitennestra, Ekaterina Gubanova, disposta a sacrificarsi per salvare la vita di sua figlia; il sacerdote Calcante (Riccardo Zanellato), crudele nella sua impassibile durezza. Il deus ex machina, nel finale wagneriano adottato a Milano e Roma, cala dall’alto: Diana vuole comunque per sé Ifigenia, non in sacrificio, ma sacerdotessa in Tauride.

Muti ha trovato il suono giusto, il giusto peso dell’orchestra, il giusto colore non facili da ottenere,

in questo Gluck, che sembra Wagner più leggero di Wagner, non è più Haendel, ma apre la strada a Mozart. Applausi lunghissimi per tutti e per Ifigenia e Muti in particolare. Si replica fino a domenica 29. Da non mancare.

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