
Gentile Direttore Feltri,
ogni giorno si parla dell'omicidio di Chiara Poggi e ogni giorno escono fuori novità che sembrano raccontare una storia completamente diversa da quella verità giudiziaria che ha stabilito
e narrato che Alberto Stasi è l'assassino di Chiara. Media e opinione pubblica seguono con interesse la vicenda, ma io ne sono inquietata. Mi chiedo infatti perché queste indagini non siano state fatte prima. Lei forse ci aveva visto giusto.
Simona Belvedere
Cara Simona,
comprendo benissimo il tuo sentimento di inquietudine nel seguire questa vicenda giudiziaria e le ultime notizie relative all'omicidio di Garlasco. Sai, lo provo anche io. E ho capito da cosa deriva questa sensazione di angoscia. I media si concentrano sulla possibilità che l'assassino (o gli assassini) di Chiara non sia colui che è stato condannato in via definitiva per tale crimine, peraltro dopo due assoluzioni intervenute sia in primo che in secondo grado, già questa mi risulta essere una anomalia, alla quale mai mi sono rassegnato.
Avvince e cattura l'attenzione del pubblico questo giallo, che, a distanza di quasi vent'anni, pare tutto da riscrivere. Ma io penso soprattutto che, qualora la verità fosse ben diversa rispetto a quella che ci è stata narrata, un povero innocente, dopo un calvario processuale, è finito in cella per un delitto che non ha mai compiuto, additato quale mostro, descritto quale omicida a sangue freddo, dagli occhi di ghiaccio, spietato, pure pervertito, sessualmente depravato, anche questo è stato detto di Alberto. E la famiglia Poggi insiste: «Stasi è l'unico colpevole», come se fosse spaventata dal conoscere un'altra verità. E magari questa famiglia il mostro ce lo aveva in casa. Possiamo escluderlo? No. Determinati elementi che stanno emergendo in queste ore, come il ritrovamento in un corso d'acqua di quello che sembra essere un borsone
contenente forse l'arma del delitto, proprio lì dove i testimoni hanno visto aggirarsi una delle cugine della vittima, rendono plausibile persino questo scenario. Particolare che si intreccia con il racconto di quel teste che affermò di avere incrociato una ragazza bionda a bordo di una bicicletta nera che procedeva a zig-zag, in quanto la conducente aveva qualcosa nella mano destra, qualcosa di simile a un martello, e sbucava fuori proprio dalla via in cui sorge la casa dei Poggi e in un orario compatibile con quello dell'omicidio. E poi ci sono i Dna ritrovati sotto le unghie di Chiara, i comportamenti ambigui di alcune persone vicine alla giovane o che comunque frequentavano quella abitazione, sms, intercettazioni, testimonianze che si sovrappongono.
E una domanda, davanti a questa mole di fatti, prove, elementi probatori, indizi, sorge spontanea: per quale motivo non si è indagato prima su tutto questo, perché non è stato dato il giusto peso a talune dichiarazioni, perché determinate condotte non hanno insospettito, perché i testimoni hanno parlato dopo quasi due decenni, perché la procura non ha scavato allora più a fondo e lo fa dopo che Stasi ha quasi del tutto scontato la sua pena, a mio avviso, ingiusta?
In questi quesiti risiede la radice della tua inquietudine, che è anche la mia. La Giustizia, troppo di frequente, così come televisioni e giornali, opinione pubblica e opinionisti, sposa,
innamorandosene, una tesi, sceglie un colpevole, lo individua e si accanisce contro di lui. A quel punto la verità non interessa più. Si va a caccia di riscontri tali che possano dimostrare che la propria tesi è corretta e vengono scartati tutti quei dettagli, dati, fattori, segnali che, invece, conducono su altre piste e verso altre ricostruzioni.
Abbiamo bisogno della verità, ma spesso preferiamo illuderci di averla ottenuta e affermata perché ci fa più comodo, perché così è più facile e perché ragioniamo sulla base di pregiudizi. Ci piace allora credere che l'orco sia sempre un maschio, o che sia sempre il fidanzato o il marito, che due occhi chiari e un carattere riservato ed educato siano sintomo di un animo gelido. E non siamo assolutamente disposti a considerare altro, in quanto siamo legati morbosamente alle nostre convinzioni, che ci fanno sentire sicuri.
Ed ecco che la bestia viene catturata e messa in gabbia. La sua esistenza viene distrutta. È un altro tipo di omicidio questo. Con un altro tipo di vittima.
E, in tal caso, nessuno paga per questo crimine.
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