Muti: «Non sarò direttore della Chicago Symphony»

Il Maestro in questi giorni alla guida dell’orchestra: «Ma solo per la tournée»

da Milano

«Non sono candidato a nulla, non voglio essere direttore musicale, presidente o papa». Un messaggio chiaro e netto. Non poteva essere più esplicito Riccardo Muti che ha risposto con un «no grazie» all’offerta di un impegno stabile. L’impegno era assai appetitoso trattandosi della direzione di una delle più belle orchestre, e non solo americane, quale la Chicago Symphony, complesso che Muti non conduceva dal 1975 ma che è tornato a dirigere in questi giorni. È infatti in corso una serie di concerti a Chicago cui va ad aggiungersi, da settimana prossima, la lunga coda europea. Il tour al di qua dell’Oceano prevede pure tre tappe italiane, Torino il 26, appuntamento che chiude il festival «MiTo», l’indomani Verona, quindi Roma, città sempre più presente nell’orbita mutiana.
Dopo la lunga era Daniel Barenboim (1991-2006), il complesso di Chicago si ritrova senza un direttore musicale. E Muti non ha contratti a lungo termine. Felice coincidenza che a Chicago ha alimentato piani e progetti, ora naufragati. Il rientro a Chicago dopo 32 anni di assenza ha dato ulteriore linfa a tanta aspettativa. I vertici dell’orchestra hanno pensato di potersi guadagnare un direttore che già alla New York Philharmonic, mesi fa, ha dato una simile risposta, cioè via libera a collaborazioni, ma nessuna relazione stabile. A nulla sono valsi i tappeti rossi, le dichiarazioni alla stampa di Deborah Card, presidente dell’orchestra, che ha parlato di una «relazione speciale di Muti con l’orchestra», di concerti che si riveleranno «un lascito testamentario». Osservazioni farcite con il «fantastico» di turno, oltre che di prammatica, nella terra dei «best».
Con Muti, la Chicago contava di trarre a sé il terzo grande nome della direzione musicale, dopo Giulini e Abbado per anni direttori ospiti. Muti ha dichiarato più volte di volersi godere il post Scala in santa pace, senza vincoli con istituzioni. Unica eccezione, l’orchestra-pupilla, la giovanile Cherubini, complesso per il quale il Maestro ha elaborato un progetto di formazione a lungo termine.
In questi giorni, a Chicago, Muti è stato pungolato sulle questioni scaligere, «per spiegare quella faccenda occorrerebbero tre libri», ha risposto. Questo, mentre già aveva declinato l’invito di Francesco Micheli di portare la Chicago alla Scala.

E Micheli ci ha assicurato che non demorde e farà opera di convincimento per il futuro. Intanto a Chicago sfumato il progetto numero uno, si opta per il piano B: assicurarsi almeno future puntate di Muti che dovranno però tener conto delle otto settimane già riservate alla Filarmonica di New York.

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