Né Cupola né grande intrigo Basta favole, è tempo di fatti

Ora basta. Chi scrive ha sempre cercato di argomentare ogni più piccola questione, ogni minima sfaccettatura riguardo a quanto accaduto dal 2006 ad oggi. Le nuove intercettazioni che stanno scuotendo il mondo del calcio hanno aperto una voragine nelle coscienze di coloro che hanno voluto far passare una vergognosa menzogna per indiscutibile verità. Continuano a dire che esisteva un Sistema Moggi, che «quello che ha fatto la Juve è sotto gli occhi di tutti», che «ci sono stati fatti gravissimi che hanno portato ad una giusta condanna». No, le cose non stanno così.
Non esiste nessuna intercettazione di Luciano Moggi con un arbitro (soltanto una, ambientale, in cui si sente la voce di Moggi ma non quella dell’arbitro Paparesta a cui l’ex dg della Juve dice «Hai pure il coraggio di chiamarmi?»), non esiste nessuna richiesta di favori da parte di questi a chicchessia. La prova massima della sua colpevolezza è risultata essere una discussione sulle griglie con il designatore Bergamo. Consuetudine che, apprendiamo ora, era ben gradita a tutti.
E non vi era neanche un sistema diffuso, il cosiddetto illecito strutturato. Come può essere credibile un’indagine indirizzata a senso unico, incentrata sui riassunti della Gazzetta dello Sport, con inquirenti che non hanno voluto investigare («L’Inter non ci interessa» cfr. deposizione di Rosario Coppola), che hanno sbandierato ai quattro venti che «piaccia o non piaccia» non esistevano altre telefonate all’infuori di quelle dei dirigenti già sotto accusa?
E smettiamola con le solite accuse, più volte smentite, persino dalle stesse sentenze sportive.
Le ammonizioni pilotate non esistono: nell’anno oggetto di indagine la Juventus ne ha totalizzate 17, a livello delle altre grandi (le stesse dell’Inter), e ben sotto il primo posto dell’Atalanta. Dieci di queste sono, per giunta, arrivate da arbitri considerati estranei alla Cupola.
E i sorteggi? Ognuno si svolgeva in presenza di un notaio e l’estrazione della pallina con il nome dell’arbitro era affidata ad un giornalista ogni volta diverso, che estraeva dopo che Pairetto aveva aperto la pallina contenente la partita da assegnare. Questa circostanza è stata più volte spiegata, persino dall’Unione Stampa Sportiva (comunicato del 15 maggio 2006) e dalle sentenze sportive.
Moggi conosceva prima i nomi degli arbitri e dei guardalinee? Bugia. Veniva avvisato solo dopo l’avvenuta designazione, anche se in anticipo rispetto alle comunicazioni ufficiali agli organi di stampa. Ma c’era chi veniva a conoscenza delle stesse ben prima del dg juventino. Leonardo Meani, ad esempio, come dimostrano gli sms portati dalla difesa al processo di Napoli. E lo stesso Facchetti, che veniva informato, addirittura un giorno prima, su chi fossero i guardalinee di Inter-Juventus. Non di una partita qualsiasi…
E finiamola anche con la storia di Paparesta chiuso nello spogliatoio. La vicenda è stata innumerevoli volte chiarita dall’arbitro stesso e archiviata dalla Procura di Reggio Calabria.
Moggi poteva decidere le sorti degli arbitri? Altra menzogna. Questo dichiara Pairetto di fronte al giudice Casoria: «Chi ha danneggiato la Juve è tornato subito ad arbitrare, chi l'ha favorita viene sospeso per due mesi e mezzo».
E prima che qualcuno obietti, parliamo delle famosissime schede svizzere. Lo sanno i signori che commentano il pallone che, in un processo penale, la prova si costituisce in dibattimento? Questa, quindi, è una prova ancora tutta da dimostrare. Nella realtà, fino ad ora, sono emersi solo elementi ampiamente favorevoli alla difesa. La scheda a Paparesta è un falso, era di suo padre. Quelle di Cassarà e Gabriele (che mai avevano arbitrato la Juventus nelle stagioni 2004/05 e 2005/06), false pure quelle: assolti dalla giustizia ordinaria il 18 gennaio 2010. Gli schemini con le ricostruzioni delle chiamate effettuate sono stati definiti dal maresciallo Di Laroni, che svolse queste indagini, «presumibili», senza contare innumerevoli errori nell’assegnazione delle celle, con arbitri da tutt’altra parte al momento delle chiamate loro imputate. A farsi benedire anche la scheda ritenuta essere in possesso di De Santis, come lo stesso arbitro dimostrerà al processo. E che dire del fatto che la Juventus, con i cosiddetti arbitri «svizzeri» avesse una media punti inferiore a quella di Milan (2,08 a fronte di una media campionato di 2,07) e di Inter (1,9 su media totale di 1,89). La Juventus infatti totalizzò una media di 1,88 punti, a fronte di una media complessiva ben superiore: 2,26!
Allora dove sarebbe questa famigerata Cupola? Luciano Moggi non conosceva le designazioni un giorno prima delle partite, Moggi non falsificava passaporti con il fine di rendere disponibile un calciatore che, altrimenti, non avrebbe potuto essere schierato. Non incontrava gli arbitri prima delle partite.

Smettiamola, una volta per tutte, di raccontarci favole.
*autore del libro «Manuale

di autodifesa del tifoso juventino» (Mursia editore), ha pubblicato una versione estesa

di quest’articolo

su www.ju29ro.com

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