Cè una teoria secondo la quale sarebbero i bambini a scegliersi i genitori. Quando decidono, minuscoli come sono ancora, si muniscono di tutta la forza di cui sono capaci, si mettono a «nuotare» per arrivare primi, e, a fine corsa, approdano esattamente nella vita che vogliono. È una teoria carina, capace di sollevare i genitori da milioni di sensi di colpa, capace, a nostro avviso, di caricare i figli di milioni di responsabilità. Ma poi, invece, magari è davvero così. Vai a capire dove la gente si sente al caldo, vai a comprendere cosè buono per chi, dove è meglio incastonare il proprio futuro, per qualcuno. Se davvero passasse il concetto che ognuno è esattamente dove vuole trovarsi, sarebbero spiegabili un sacco di cose, e ne sarebbero inspiegabili altrettante, a dire il vero.
Fatto sta che deve conoscerla anche Gianna Nannini (futura madre, cinquantaseienne, single e sessualmente non disorientata ma piuttosto «non orientata» visto che si è autodefinita «pansessuale»), quella teoria perché è con questo spirito che, sul settimanale Vanity Fair, scrive una lettera alla sua piccina che tra un mese vedrà la luce: «Ti chiamerò Penelope perché mi hai aspettata tanto prima di nascere. Hai aspettato che fossi pronta. Per tre volte non lo sono stata, ma oggi lo sono. Tu, il più grande amore della mia vita, arrivi dopo il dolore profondo e lo shock. Ma ci ho creduto pienamente, e ho sentito la forza per riuscirci, e ti ho desiderata così tanto che oggi, mentre ti scrivo, ti ho dentro di me». Parla a lei degli altri figli mai nati, come fossero stati, anche quelli, sempre lei. Sempre Penelope, che adesso ha atteso abbastanza. Vedrà la faccia di sua madre, Penelope. E solo la sua, che lha voluta a tutti i costi e da sola. Ed è roba da stecchire il più robusto degli scettici. Roba da far dimenticare il «capriccio egoista» con cui, in molti, hanno liquidato la scelta della cantante. Ma Gianna fa anche di più, dedica a Penelope Ogni tanto, il primo singolo (in uscita il 3 dicembre) del nuovo album Io e te (in uscita invece l11 gennaio e inciso durante la gravidanza) in cui le canta: «Ogni tanto penso a te, sposti tutti i miei confini. Amor che bello, darti al mondo...». Vuole, o meglio, le piace pensare che «Io e te possa rimanere il mio inno allamore, un amore grande che rivendichi il desiderio della donna e la sua libera scelta» scrive ancora la rocker alla sua bambina.
Sulla copertina di Vanity, Gianna (fotografata dallartista Jean-Baptiste Mondino) ha il pancione orgogliosamente in vista, sottolineato da una maglia morbida con la scritta «God is a woman», perché anche questo promette di far scoprire, di spiegare a Penelope il prima possibile, che «Dio è donna. Lo capirai presto e lo capiremo insieme». Nel senso che degli uomini si può fare a meno?
Se fosse vera quella teoria, Penelope avrebbe scelto, quindi. Se fosse vera... Ma a molti non basta. Ieri, complice lultima provocazione di Gianna, i pareri su questa gravidanza si sono divisi, comera ovvio che fosse. Lo showbiz era quasi tutto con lei, quasi tutto compatto a parlar di coraggio e libertà, da Mara Venier a Alessio Vinci, da Andrea Bocelli a Elisa: «Gianna ha dentro di sé una grande forza e una grande dolcezza. Saprà dare tutto il suo amore e grandi emozioni alla sua bambina» commentava la collega di «Amiche per lAbruzzo». E Valeria Solarino, con la quale la cantante ha girato il videoclip Attimo: «Conosco poche persone così innamorate della vita come Gianna. Questa bambina è lespressione più grande di questo amore».
Poi però, ieri, cerano anche tutti gli altri a parlare di Gianna. Quelli più inclini a gridare a un «Nannini gate», come avevano definito alcuni, questestate, la notizia della soprendente gravidanza (sul concepimento sono state fatte molte ipotesi) della rocker. Massimo Boldi era perplesso: «Credo che con letà matura abbia compreso che avere un figlio sia lunico modo per non rimanere soli e per essere amati». Categorica la giornalista di Avvenire Lucia Bellaspiga, che si univa al coro di «no» espressi già mesi fa anche dalla psicologa Silvia Vegetti Finzi, da Lucetta Scaraffia sul Riformista e da Anselma DellOlio sul Corriere della Sera: «Lunico credo dellautodeterminazione è lesatto opposto della maternità, che è dono.
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