Napoli - Scendendo da Pianura verso il lungomare di Napoli, lasciandosi alle spalle la discarica assediata e le barricate di spazzatura incendiata, il tassista guarda sconsolato i cassonetti rovesciati e i cumuli di spazzatura che arrivano fino a ridosso delle zone eleganti della città, e dice: «C'è una sola soluzione, dottò. Tornare a come si faceva una volta. C'era lo spazzino che girava casa per casa e raccoglieva l'immondizia. Bisognerebbe fare così: un giorno ti vengono a casa a prendere la plastica, il giorno dopo la carta, il giorno appresso gli avanzi di cibo. Almeno farebbero qualcosa».
E non è l'unico a pensarla così. Quella che in un'altra città sembrerebbe una idea demenziale, a Napoli appare meno paradossale. Perché il paradosso vero è che qui, nella città devastata dall'emergenza rifiuti, centinaia e centinaia di netturbini pagati per occuparsi della raccolta differenziata non fanno nulla. Assolutamente nulla, dal mattino alla sera. Da più di sette anni. Trecentosessantadue nella sola città. Millecento se si calcola tutta la provincia. Pagati senza lavorare.
Si presentano la mattina, firmano e se ne vanno a farsi gli affari propri. E intanto la città affoga nella spazzatura e nelle statistiche da brivido: la raccolta differenziata che al nord sfiora il quaranta per cento, a Napoli stava al sette per cento quando le cose andavano bene. Oggi come oggi, come spiegano al Commissariato per i rifiuti, non si supera il tre per cento. Ma come è possibile questo paradosso? Da dove spunta questo esercito di nulla facenti a stipendio fisso?
La risposta sta in una delle innumerevoli pieghe della assurda commedia dell’eterna emergenza napoletana. C'è una legge del 1993 che prevede la nascita in tutta la Campania di diciotto «consorzi di bacino» incaricati di gestire la raccolta rifiuti. Il Commissario straordinario si è occupato di assumere il personale necessario per la raccolta differenziata e di acquistare i camion.
A oggi, per i diciotto consorzi lavorano 2.400 persone. Nelle province minori della regione, i dipendenti dei consorzi fanno quello per cui vengono pagati, e i risultati si vedono: a Mercato San Severino, in provincia di Salerno, la raccolta differenziata è al 35 per cento. Il buco nero è Napoli con la sua provincia. Perché qui, secondo la denuncia della Cisal enti locali, non uno solo dei 1.100 dipendenti dei cinque consorzi di bacino dedica un solo minuto della sua giornata al lavoro per cui viene pagato. Non è, in realtà, solo colpa dei camion che mancano. Tra i 362 dipendenti del consorzio Napoli 5, quello di Napoli città, si verificano fatti straordinari. Ci sono gli operai che dovrebbero raccogliere lo sfraucimma, cioè le macerie dei cantieri, ma che si rifiutano di avvicinare anche un solo mattone in quanto allergici alla polvere come da certificato medico; ci sono quelli che non sollevano i cartoni da terra altrimenti, sempre in base al certificato steso da un professionista iscritto all'albo di Esculapio, rischierebbero traumi irreversibili alla colonna vertebrale.
E il campione indiscusso resta sicuramente il netturbino che dedicava le sue ore lavorative a giocare a tresette, e che avendo perso un mucchio di denaro ha pensato bene di fare causa all'azienda per farsi risarcire
il danno. Storie che parrebbero inverosimili se non accadessero a Napoli, la città che ventimila spazzini non riescono a tenere pulita. A Milano, con mezzo milione di abitanti in più, gli spazzini sono duemila e duecento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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