Napoli, doppia monnezza Sindaco e magistrati sepolti dalla spazzatura

Mentre Woodcock rovista con le sue inchieste nell’immondizia dei verbali, De Magistris non riesce a smaltirla. È l’Italia dei giustizieri politicizzati, che quando sbagliano e vengono smentiti dai fatti urlano subito al complotto

Napoli, doppia monnezza 
Sindaco e magistrati  
sepolti dalla spazzatura

Napoli sprofonda e affonda nell’im­mondizia, s’illumina di roghi improvvi­si e disperati, soffoca tra le esalazioni nauseabonde che salgono dalle 2400 tonnellate di rifiuti che il sindaco De Ma­­gistris non è riuscito a rimuovere nono­stante le solenni promesse, e dalle 19.000 pagine di intercettazioni ambien­tali e telefoniche che il pm Woodcock va diffondendo giorno dopo giorno sui principali quotidiani italiani. Henry John Woodcock rovista nella spazzatura, Luigi De Magistris ci spro­fonda: eccola, l’Italia dei pm vent’anni dopo Tangentopoli, l’Italia della legalità e della società civile che si ribella e s'indigna,l’Italia dei valori e delle manette che distrugge le vite degli altri per un briciolo di notorietà.

La monnezza che Woodcock va rovesciando sull’Italia con la sua fantastica inchiesta su Bisignani non serve ad altro che a rovinare l’immagine e la reputazione di un certo numero di persone di varia estrazione sociale, professionale e politica, il cui solo tratto comune è non appartenere alla folla beota delle tricoteuses che hannoscambiato per rivoluzione una repressione giudiziaria dell' autonomia e del primato della politica che non ha precedenti nei Paesi liberali. La monnezza di De Magistris, invece, per una volta rischia di danneggiare la sua immagine, e non quella dei cento imputati innocenti che la sua avventurosa carriera di pubblico ministero gli ha offerto come cavie per la notorietà. «Scassiamo tutto», aveva promesso De Magistris alla vigilia del voto: e non è mai accaduto che un politico mantenesse così rapidamente la promessa fatta. Napoli sta chiudendo per monnezza: chiudono i negozi, gli uffici, i locali pubblici; la notte scoppiano roghi pericolosi e incontrollati; l’emergenza è palesemente fuori controllo.

Aveva promesso di risolvere il problema in cinque giorni, il supersindaco scassaNapoli, e oggi per nascondere la catastrofe grida al complotto, alla congiura, al boicottaggio. «Io avevo detto che di giorni ne bastavano quattro - ha esclamato lunedì, quando la catastrofe era già evidente, e senza ombra di ironia -. Poi ci siamo tenuti larghi. Ma se ci sono i boicottaggi come si fa? Ci hanno anche rotto un compattatore. La verità è che questa amministrazione sta rimuovendo incrostazioni ventennali determinando risposte di sabotaggio ». S’immagina che i sabotatori siano tutti amici di Bisignani. Un destino capriccioso ha concentrato a Napoli i due fenomeni più interessanti della seconda generazione giustizialista. La prima, quella eroica di Tangentopoli, o è andata in pensione (Borrelli) o ha fatto un passo indietro (Davigo) o s’è buttata in politica (Di Pietro). Resiste eroica la Boccassini, che tuttavia ha l’inestimabile pregio di non rilasciare interviste, non fare comizi e non firmare autografi. La seconda generazione giustizialista si differenzia dalla prima per un dettaglio essenziale: le prove, ancorché indiziarie o contrad-dittorie, non contano un fico secco; conta lo scenario, il contesto, il «teorema», che tanto più eccita la fantasia dei lettori quanto maggiore è il coinvolgimento di personaggi più o meno famosi (non importa che siano indagati: basta che il loro nome interessi ai giornali).

De Magistris e Woodcock hanno costruito così la propria immagine di giustizieri inflessibili: da «Why Not» alle «Toghe lucane», da Vallettopoli al «Savoiagate», non c'è inchiesta di questi coraggiosi magistrati che non si caratterizzi per l’enormità dell’intrigo denunciato, per lo sfarfallio mediatico dei suoi protagonisti, e per la mancanza assoluta di prove.Quest’ultimo è un dettaglio privo d’importanza: come la monnezza che non se ne va, anche le prove che non si trovano sono colpa di un sabotaggio di Bisignani. Il passaggio alla politica nella sua forma degradata di populismo plebeo è naturalmente coessenziale a questo modo di intendere la giustizia: che non è la fatica e lo scrupolo dell’indagine, né l’imparzialità del giudizio, ma lo strumento irresponsabile per la costruzione della propria immagine di guerriero senza macchia e senza paura. In questo contesto distorto, gli insuccessi dimostrano che i nemici sono ancora forti, non che l’inchiesta non vale nulla.

E del resto l’obiettivo non è mai giungere alla condanna, perché le prove non vengono neppure raccolte, ma distruggere la reputazione e la vita privata di coloro che, ricoperti di fango, suscitano gli applausi dei futuri elettori. A Napoli la democrazia s’è presa il colera.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica