Cronaca locale

Una discarica di rifiuti e le baracche dei rom nella villa confiscata alla camorra

L'insediamento abusivo e cumuli enormi di rifiuti speciali e pericolosi si trovano a ridosso del campo rom autorizzato nella periferia di Caivano, nel Napoletano

Una discarica di rifiuti e le baracche dei rom nella villa confiscata alla camorra

Il rudere della villa confiscata alla camorra è un contenitore di rifiuti speciali e pericolosi. Le sue pareti sono annerite da nubi tossiche esalate per anni da quella struttura. Tra un mucchio di rifiuti e l’altro, tra i segni lasciati dai roghi tossici a terra, sullo scheletro dell’immobile e sulle sue mura di cinta, ci sono una decina di baracche allestite abusivamente da famiglie di etnia rom originarie della Croazia, si trovano a ridosso di un villaggio di nomadi autorizzato, nella periferia di Caivano, in provincia di Napoli.

Sono decine le carcasse di auto smantellate e rimaste abbandonate, sia in quell’area tolta al clan Moccia, che nell’attiguo fondo privato da tempo usato come discarica. A sversare i rifiuti sono gli stessi rom. Ad ammetterlo sono alcuni di loro. “Questi li ho messi io qui, perché non so dove buttarli”, confessa una donna che indica un cumulo di pezze e altra immondizia. Vive con la sua famiglia senza acqua in una casupola messa in piedi con pezzi di legno recuperati tra gli scarti. Nel campo dove si è stanziata abusivamente, delle montagne di rifiuti sono ammucchiate a ridosso del muro che separa quel terreno privato dal campo rom autorizzato. Ingombranti ripuliti dai metalli, pneumatici, guaine, pezzi di mobili, materiale di risulta, sono accumulati in corrispondenza di aperture create nella parete che separa il fondo occupato dal vicino insediamento. Molto spesso vengono dati alle fiamme, presumibilmente per fare spazio ad altra immondizia. “Quei rifiuti non vengono a sversarli con le macchine. Li buttano con le mani i rom che stanno nel campo qui vicino e li bruciano”, spiega una persona che occupa una capanna. Punta il dito contro chi vive nell’insediamento autorizzato, e non è l’unica. Secondo la maggioranza degli abusivi, inoltre, i “vicini” avrebbero svuotato e distrutto alcuni di quei container allestiti e mantenuti con fondi pubblici per ricavarne metalli.

Tra loro c’è poi chi svela il traffico illegale di rifiuti che si consuma in quell’angolo di periferia: “Vengono anche a portare rifiuti da fuori, li lasciano a una donna in cambio di soldi”. La donna dovrebbe essere tra coloro che vivono nell’area confiscata alla camorra, che però si mostra ignara: “Non lo so come ci sono finiti questi rifiuti qui – dice – quando siamo venuti già c’erano”. Il volume della discarica, nella villa e fuori, tuttavia, è evidentemente cresciuto agli occhi dei Volontari Antiroghi di Acerra, in quel posto per l’ennesimo sopralluogo, accompagnati da agenti della polizia di Stato e della polizia municipale. “Sono almeno tre anni che segnaliamo questa situazione – dicono – Con la pec sicuramente due volte. Abbiamo fatto prima una nota, poi una diffida e abbiamo presentato anche una denuncia-querela”. Ma nulla è cambiato. “Qui c’è un altoforno – affermano – Nello scantinato della villa bruciano i rifiuti per ricavare i metalli”. Proviamo a raggiungere il seminterrato, ma un uomo ce lo impedisce: “Da qui non si passa”. Alla sue spalle c’è la baracca più grande del campo. Una bambina di 5 anni osserva, riflessiva, sull’uscio della porta. Altri minori vivono in mezzo a quella discarica.

Ci sono ragazzini che dicono di avere 11,12 e 13 anni. Nessuno va a scuola. Il più piccolo non sa parlare nemmeno l’italiano. “Non ci vogliono andare più”, prova a giustificarsi la madre. “Qui gli assistenti sociali non sono mai venuti. Qualche volta vengono i vigili”, riferisce la donna. Vorrebbe invece che la sua bambina di 3 anni frequentasse la scuola un’altra mamma del campo: “Ma come faccio a portarla?”, dice, mentre tra le sue braccia tiene un’altra piccola di 11 mesi. Le baracche sono distanti dal centro cittadino e non ci sono autobus che passano a prendere quei bambini, o associazioni che organizzano attività a loro favore. In un città con un consiglio comunale sciolto nel 2018 per camorra, quando il Comune già risultava commissariato dopo la sfiducia all’ultimo sindaco eletto, gli illeciti non si fermano in quel posto periferico situato al confine con il comune di Afragola, vanno avanti da anni. E la presenza di telecamere di videosorveglianza sembra non rappresentare un buon deterrente.

L’area dove si continuano a sversare e commerciare rifiuti, ad appiccare roghi tossici, a smantellare auto di dubbia provenienza, è liberamente accessibile. Anche nell’immobile confiscato alla camorra chiunque può entrare: non c’è un cancello, non c’è un cartello che vieta l’ingresso. “Prima il cancello c’era. Prima che morisse la signora di Afragola. Lei ci ha messo qua, la signora Moccia”, dice una donna della baraccopoli, secondo la quale quella villa confiscata “è della signora Moccia”. Percorrendo l’area, si individuano cavità sulla superficie dell’immobile: sono colme di rifiuti. Su una baracca c’è il nome del suo occupante e un numero identificativo: “È di mio figlio - sostiene la mamma - Si trova agli arresti domiciliari. Il giudice ci ha detto di fare così”. Mentre parla, arriva il nipotino: “Volete i broccoli? Stasera preparo una pizza con i friarielli”, racconta. I friarielli sono quelli della vicina campagna invasa dai rifiuti accatastati nel campo rom abusivo. “Io vivo vendendo i friarielli, anche alle pizzerie del posto”, sostiene la più anziana dell’accampamento, una donna – ci riferiscono - a cui piace sfasciare auto. “Le auto sono le sue. Le sfascia lei, quando sta nervosa, quando vuole divertirsi”, sostiene qualcuno nel campo. Ma lei nega: “Non ho idea di chi siano queste auto e non so come siano finite qui”. Parti delle vetture sono sparpagliate sul fondo occupato. Dei rifiuti stanno colmando una fossa ricavata nel terreno privato. Una delle tante che nascondono rifiuti? Non potremo saperlo, fino a quando qualcuno non si deciderà a intervenire drasticamente e a riportare la legalità in quel posto dimenticato dal mondo.

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