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Bomba ecologica vicino scuola: gli studenti ostaggio dei rom

Al confine con la scuola una bomba ecologica. Sotto a un cavalcavia, tra le baracche di un campo rom abusivo, ammassi enormi di rifiuti speciali e pericolosi e le tracce dei roghi tossici

Bomba ecologica vicino scuola: gli studenti ostaggio dei rom

Sono anni che respirano i fumi nocivi che sprigionano gli incendi di rifiuti, ora hanno deciso di ribellarsi. Da diversi giorni, a Napoli, gli studenti dell’istituto Galileo Ferraris di Scampia stanno protestando contro i roghi tossici che li appestano durante le lezioni.

Lunedì scorso due ragazzi hanno accusato dei malori e da allora gli studenti hanno deciso di scendere in strada per chiedere l’intervento delle istituzioni e porre fine ai roghi che li avvelenano senza sosta. In migliaia hanno portato la loro causa in piazza, anche in occasione dell’avvio della demolizione della Vela verde: giovedì scorso sono partiti in corteo dalla Vela gialla e, alzando una vela di carta e intonando cori, hanno raggiunto residenti e giornalisti che erano in attesa della partenza delle operazioni di demolizione dalla torre verde del lotto M. “Siamo qui per l’abbattimento, ma soprattutto contro i roghi tossici, per chiedere il nostro diritto a respirare”, hanno detto alcuni dei giovani manifestanti in marcia.

Gli studenti hanno nelle mani dei video che documentano le colonne di fumo nero che si stagliano alle spalle della scuola. Le esalazioni provengono dall’area dove da anni stanziano abusivamente diverse famiglie di etnia rom. Tra le baracche e sotto il cavalcavia ci sono ammassi enormi di rifiuti speciali e pericolosi e le tracce lasciate dai roghi tossici che in quel posto vengono appiccati. Una bomba ecologica pronta ad esplodere in ogni momento e silenziosamente. Basta fare un giro in pieno giorno per vedere del fumo nero nauseabondo uscire dal comignolo di una casupola dell’accampamento. L’aria risulta appestata per centinaia di metri e i miasmi si propagano fino all’istituto Ferraris. Davanti alla scuola sono affissi degli striscioni: “Casa, lavoro, salute. Scampia vuole tutto”. Un folto gruppi di studenti assembrati giovedì scorso davanti all’edificio ragionavano sul da farsi con alcuni degli insegnanti che stanno appoggiando la protesta. Ieri davanti alla scuola hanno incontrato degli assessori municipali per discutere della questione. Gli studenti si mostrano fiduciosi, ma restano con i piedi ben piantati a terra: se non saranno adottate misure risolutive, sono pronti ad organizzare una manifestazione sotto Palazzo San Giacomo.

“Lunedì due ragazzi sono finiti in ospedale in seguito a dei roghi appiccati nella zona circostante. Non è la prima volta che capita, però lunedì la situazione era veramente insostenibile”, ha raccontato Luigi Sale, rappresentante degli studenti. “Questa situazione – ha detto - va avanti in questa zona da 15 anni circa, la procura della Repubblica ha un fascicolo pieno di denunce, però è la prima volta che gli studenti si mobilitano. Il fatto che sono finiti in ospedale alcuni nostri compagni ha contribuito a sensibilizzarci. Meglio tardi, che mai”.

Tra i giovani manifestanti si punta il dito verso il vicino campo rom, è lì che i rifiuti vengono spesso dati alle fiamme, ma i ragazzi temono che muovere apertamente delle accuse precise possa servire solo a favorire strumentalizzazioni e a fomentare intolleranze. L’insediamento confina con i campi di calcio fuori uso della scuola: “Hanno rubato quello che c’era nei campetti di calcio e noi ora non possiamo usufruirne”, dicono. “Hanno minacciato anche i professori”, sostiene poi qualcuno tra i ragazzi. “Non tutti, non sono tutti uguali. Non possiamo generalizzare e colpevolizzare qualcuno”, precisano gli studenti, che vogliono solo poter respirare, poter frequentare degli ambienti scolastici salubri, e chiedono che gli venga garantito il diritto alla salute. Loro sono contro i roghi tossici, e questo ci tengono a sottolinearlo.

A sostenere la loro protesta ci sono anche degli insegnanti. “Quasi ogni giorno ci sono dei roghi e l’aria diventa irrespirabile, fino a costringere noi e i ragazzi a chiudere le finestre”, ha raccontato un docente dell’istituto, Eucaristo Ciretiello.

“C’è stato un intervento dell’Arpac – ha rivelato il professore – e ci è stato detto che saranno installate delle centraline per il monitoraggio dell’aria. Quello che vorremmo sapere noi è prima delle installazioni quali dati saranno elaborati e quali sono i tempi, perché dovrebbero essere dati elaborati e comunicati entra 24-48 ore per avere un senso”.

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