Napolitano attacca chi difende i marò

La saga dei marò detenuti in India continua ad allungarsi, la cruciale perizia balistica non salta fuori e la petroliera che difendevano dai pirati è ancora in «ostaggio» nel porto di Kochi.
A tal punto che interviene il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, in visita di stato in Giordania, sollevando polemiche. Prima ammette «che la situazione è molto difficile ma ce la mettiamo tutta». Poi, però, a chi chiede di mostrare maggiormente gli attributi replica con un frase un po’ piccata: «Se qualcun altro oltre a mettere qualche striscione ha delle idee, aspettiamo di conoscerle...». Forse Napolitano formalmente capo delle Forze armate e presidente del Consiglio supremo di Difesa, massimo organo del paese in questo campo, qualche idea poteva farsela già venire. A cominciare dalla minaccia di ritirarci dall’Afghanistan, spina nel fianco dell’India o dal Libano chiedendo ai soldati di New Delhi di sostituirci se non ci mollano i marò. Oppure andarcene subito dalla flotta dell’Unione europea anti pirateria, al largo della Somalia tenendo conto che Bruxelles non si sta strappando le vesti per i nostri fucilieri di marina. Il Giornale tornerà, dopo aver pubblicato il manifesto sui due marò in carcere in India, sulle «idee» da sottoporre al Quirinale per non farci prendere sempre a pedate.
Ad Amman il capo dello Stato ha detto che bisogna «prendere atto di queste determinazioni dell’autorità giudiziaria indiana, che in qualche modo erano tra le previsioni più infauste». Napolitano ha anche, giustamente, sottolineato che «c’è stato un passo indietro per quello che riguarda la libertà della nave di rientrare in patria con gli altri marò perchè non ci sono solo i due accusati e trattenuti, ce ne sono altri a bordo» della petroliera Enrica Lexie.
L’ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha colto la palla al balzo: «Se il Presidente mi concederà di incontrarlo, come ho chiesto, gli sottoporrò modestamente delle idee prima di farne comunicazione pubblica».
Secondo il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, «È spiacevole che (Napolitano) abbia criticato l’iniziativa di mettere striscioni per sensibilizzare l’opinione pubblica» sul caso dei marò. La Russa, che con il centro destra si è mobilitato per i fucilieri di marina, si è detto convinto che «bisognava fare qualcosa per dare all’Italia e al governo la forza della mobilitazione popolare nell’affrontare le trattative con chi trattiene i nostri cittadini. D’altronde per casi diversi e forse meno gravi, questa mobilitazione c’è stata (penso per ultimo agli striscioni per la Urru rapita in Algeria) senza che nessuno la considerasse superflua».
Polemiche politiche a parte ieri Salvatore Girone e Massimiliano Latorre si sono presentati alle 11 locali davanti al giudice A.K. Gopakumar, che ha disposto altre due settimane di detenzione. I marò indossavano l’uniforme estiva bianca. Il giudice del tribunale di Kollam ha anche disposto che la polizia torni ad interrogare i fucilieri di marina sul tragico episodio del 15 febbraio, quando hanno sostenuto di aver respinto un attacco di pirati dalla petroliera Enrica Lexie. L’accusa, invece, è convinta che hanno sparato a due innocenti pescatori. Gli interrogatori dei marò inizieranno oggi.
Sempre ieri l’Alta corte del Kerala ha ancora rinviato la decisione sulla giurisdizione del caso. Gli avvocati difensori, con una nuova memoria, vogliono convincere i giudici che i marò vanno processati in Italia, in nome «dell’immunità funzionale di cui godevano».
Anche l’attesa «liberazione» della petroliera italiana con gli altri 4 marò del nucleo di protezione antipirateria a bordo ha subito l’ennesima battuta di arresto con un rinvio dell’udienza ad oggi. I magistrati hanno giudicato «poco congrua» la cauzione di 440 milioni di euro per i familiari delle vittime. A questi soldi vanno aggiunti 586mila dollari di deposito per garantire che in caso di richiesta del tribunale il comandante, la nave stessa o il resto dell’equipaggio tornerebbero in India. Ieri ha continuato a mettersi di traverso il primo ministro del Kerala, Oommen Chandy, che da una parte giura sull’imparzialità dei giudici e dall’altra detta legge. «Servono garanzie adeguate.

L’offerta è solo sulla carta» ha sentenziato il politico riferendosi alla petroliera che avrebbe dovuto salpare nelle prossime ore. Non solo: il ministro degli Esteri indiano, S.M. Krishna, in visita nel Kerala, ha parlato di «giusta decisione» di arrestare i marò.
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