Il Napolitano che cambiò la Costituzione

L’anno che finisce è stato il Napoli­tanno, ovvero l'anno di Giorgio Napolitano

Il Napolitano che cambiò la Costituzione

L’anno che finisce è stato il Napoli­tanno, ovvero l'anno di Giorgio Napolitano. L’unico politico di lunghis­simo corso non solo risparmiato dal di­scredito antipolitico ma che ha addirittu­ra guadagnato simpatie, anche tra i mo­derati. L’unico fatturato politico che la­scia il 150˚ dell’Unità d’Italia è la glorifi­cazione di Re Giorgio. Ha pilotato la crisi da protagonista as­soluto: a lui si deve l’eutanasia del gover­no Berlusconi e l’inseminazione artifi­cia­le per far nascere Monti con la benedi­zione delle Banche e degli Europadroni.

Tutto questo mentre vige ancora la re­pubblica parlamentare, la sovranità na­zionale e popolare. È stato bravo, va detto. Però il massi­mo garante e custode della Costituzione non ha mai contestato la legge elettorale vigente che sospende il diritto costituzio­nale degli elettori di designare i propri rappresentanti. E ha sostituito un governo liberamen­te scelto­dagli elettori con un governo ex­traparlamentare di tecnici (poi votato dal Parlamento).

Non sarà una sospen­sione formale della democrazia, però Napolitano ha seguito il decisionismo di Carl Schmitt, non proprio di cultura de­mocratica: sovrano è colui che decide in stato d’eccezione. E lui, nel nome dell'emergenza, ha pi­lotato lo strappo alla sovranità popola­re.

Ma a questo punto non sarebbe me­glio u­na repubblica presidenziale piutto­sto che questo presidenzialismo a inter­mittenza, ipocrita e strisciante? Meglio i capi dello Stato eletti dal popo­lo c­he i golpetti bianchi e i monarchi ma­scherati.

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