Roma - Dialogo e riforme, questa è in due parole la ricetta di Giorgio Napolitano per salvare il paziente Italia, affetto da grave e acuta crisi di governabilità: se anche cade Prodi, spiega, prima di riandare a votare bisogna cambiare la legge elettorale. «Dialogo?», replica a stretto di giro di posta Silvio Berlusconi, «Con questa sinistra, dopo un anno e mezzo, non c’è modo e spazio per collaborare». Quanto alle riforme, aggiunge il Cavaliere, le farà il nuovo Parlamento: «L’unica strada è che il governo dia le dimissioni e che si ritorni alle urne per sentire i cittadini». Due lingue diverse, due strategie che nelle prossime settimane potrebbero entrare in rotta di collisione.
La maggioranza pattina vistosamente e anche sul Colle si rendono conto che il Professore resta appeso a un filo. In più, i problemi dei conti pubblici e della crescita economica. Ma secondo il capo dello Stato ridare le carte e iniziare una nuova partita servirà a ben poco «se non si assicura in futuro quell’effettiva governabilità e quegli equilibrati punti di riferimento» di cui il Paese ha urgente bisogno. «Occorre - dice al Quirinale, ricevendo i cavalieri del lavoro - un clima di maggior concentrazione costruttiva su questioni che è necessario affrontare e che riguardano il sistema politico-istituzionale».
E non si tratta, aggiunge il capo dello Stato, «di una forzatura in un dibattito complesso» o di un intervento di parte, ma «di un impegno che considero doveroso, connaturato alla funzione alla quale sono stato chiamato per favorire la soluzione dei problemi con cui il mondo imprenditoriale e del lavoro deve misurarsi».
Al primo posto i problemi dell’economia. Il presidente non si scandalizza per le critiche a Finanziaria e decreto fiscale. Anzi, considera «fisiologiche e legittime tutte le diversità di giudizio sui risultati del risanamento dei conti pubblici, anche in rapporto con i criteri di equità», arrivate anche «da sedi neutrali e internazionali»: vedi Commissione europea, Ocse, Fondo monetario e Banca d’Italia. La cosa importante è «non cedere né a forme di autosoddisfazione propagandistica, né a sommarie stroncature».
Serve dunque equilibrio. E servono riforme, per dare stabilità a tutto il sistema. «Ci sono dei temi - insiste Napolitano - e delle esigenze vitali del nostro Paese che dovrebbero essere tenuti fuori dal clima di concitazione che la vita politica e istituzionale sta attraversando». Se invece non si farà nulla, conclude, rimarrà «l’effetto negativo di forme esasperate di spettacolarizzazione e di contrapposizione».
Ma Berlusconi chiude a possibili intese. Il tempo è scaduto.
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