Napolitano: no a una Finanziaria «blindata»

Bertinotti: «Appello giusto, ma un cambiamento richiede tempo». An: «Ora Prodi garantisca un vero dibattito»

da Roma

A salvare capra e cavoli, l’anno scorso, ci fu un «articolo unico» contenente 1700 norme: i senatori non ebbero neppure il tempo materiale per sfogliare il «maxi emendamento» e furono costretti ancora una volta all’umiliante pratica del voto a scatola chiusa (e naso turato in molti casi). Lo ricorda il presidente del gruppo della Sinistra democratica in Senato, Cesare Salvi, nella speranza che «non si ripeta mai più». Il richiamo del presidente della Repubblica non può che essere, allora, «ineccepibile». Tale è costretto a considerarlo anche il premier, Romano Prodi, che fa trapelare da Palazzo Chigi come «non può che essere pienamente concorde» con il capo dello Stato. In più, la nota ufficiosa assume «il massimo impegno del governo a rispondere il più possibile positivamente all’appello del capo dello Stato».
Prodi cerca di smussare gli angoli, e ricorda come l’aver redatto una Finanziaria di minori dimensioni è «segno dell’aspettativa di un dibattito parlamentare» corretto e pacato, che «non richieda tappe forzate». Strumento utilizzato nel passato per evitare l’esercizio provvisorio. Secondo gli uomini di Palazzo Chigi, lo stesso Napolitano avrebbe apprezzato la «linearità e la snellezza del lavoro svolto dal governo sulla Finanziaria», e pertanto il richiamo sarebbe di natura meno pressante per il governo. Ma il fatto resta, e al presidente si associa pienamente anche il presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Grandissima è la sintonia con il Quirinale, conferma il numero uno di Montecitorio. Bertinotti ricorda come la stessa sintonia ci fu l’anno scorso sul carattere «omnibus» attribuito arbitrariamente alla Finanziaria: una pratica, aggiunge, che «ha trascinato una mole di lavoro emendativo assieme alla enormità di una Finanziaria incapace di rispettare sia le istanze della maggioranza che dell’opposizione, alla fine precipitata in quel meccanismo disdicevole che è la fiducia sul maxiemendamento». Però, conclude, la riforma della legge di bilancio «richiede tempo», anche perché una «riforma organica è legata alla legge elettorale, in quanto una vera riforma si può fare solo pensando alla prossima legislatura». Per il momento, dunque, «si possono soltanto attuare procedure tecniche che vanno nella direzione della sollecitazione del presidente».
Ma se la correttezza formale di Bertinotti e Salvi sorvola sul peso politico del richiamo di Napolitano, esso viene sottolineato dall’opposizione. Magari eccessivamente ottimista, nelle parole dell’azzurro Mario Ferrara, che vede nel richiamo un «avviso di sfratto per Prodi». Il vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, dà un’interpretazione più ampia e articolata: «Sappiamo bene che l’uso della fiducia per l’approvazione della Finanziaria non è questione limitata all’attuale legislatura, ma è evidente che l’attuale governo ha abusato di questo strumento per poter sopravvivere, utilizzandolo anche per far passare leggi assai importanti e non solo la stessa manovra». Cicchitto teme però che l’«entusiasmo» per le parole di Napolitano possa nascondere la «tentazione di voler trascinare la legislatura, come dimostra la richiesta di Bertinotti di affiancare la riforma della Finanziaria alla modifica della legge elettorale».
Insomma, se è vero che il richiamo del Quirinale «conforta» il leader centrista Casini, sottolineando che va ricercata una corretta dialettica parlamentare, è altrettanto vero che all’uopo occorrerebbe un «patto bipartisan», come dice il socialista Villetti.

Il leader di An Fini applaude il Colle: «Bene Napolitano, Prodi ne tenga conto e faccia fare un dibattito senza la tagliola della fiducia». E non si fida per nulla il leghista Calderoli, che vorrebbe fatti, non parole: «Napolitano non promulghi una Finanziaria approvata a colpi di maggioranza».

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