Nasce l’Authority per cacciare il Cavaliere dalla politica

Via libera al nuovo organo che costringerà l'ex premier a vendere Mediaset per restare in politica. Dopo l'ok della Commissione Affari costituzionali della Camera il testo arriverà martedì in aula. Fini: "E' una legge contro il Cavaliere". Violante: "I deputati del Polo dicano sì al blind trust".

Nasce l’Authority per cacciare 
il Cavaliere dalla politica

Roma - La commissione Affari costituzionali della Camera ieri ha approvato il progetto di legge Franceschini che riforma la legislazione sul conflitto di interesse. Un eventuale ok da parte dell’Aula di Montecitorio eliminerebbe definitivamente Silvio Berlusconi dalla scena politica impedendogli di ricandidarsi alla presidenza del Consiglio.
Il pdl, infatti, definisce incompatibile la contemporanea titolarità di un incarico nell’esecutivo e di un patrimonio superiore a 15 milioni di euro o di un’impresa in regime di concessione o di autorizzazione statale. A decidere sulla separazione degli interessi sarà un’Authority nuova di zecca che costerà la modica cifra di 15 milioni di euro nel triennio 2007-2009. L’Autorità avrà il potere di imporre al ministro o al sottosegretario che si trovi in situazione di conflitto la scelta tra lo scranno o i propri beni. Chi vorrà rimanere nell’esecutivo, pena la decadenza, dovrà conferire i beni a un blind trust gestito da un intermediario finanziario terzo che avrà anche poteri di dismissione. Non è tutto: in casi eccezionali, l’Authority potrà imporre la vendita coatta dei beni. Se il leader della Cdl intende restare in politica, potrebbe essere costretto a cedere Fininvest.
Non tutto, però, è filato nel verso giusto. In Commissione l’Italia dei valori si è astenuta invocando norme più severe come l’ineleggibilità per i candidati troppo facoltosi, mentre l’Udeur si è astenuta. «Prendo atto ma non condivido nel merito. Chi si trova in conflitto d’interessi deve liberarsi totalmente ella propria azienda mettendola in un blind trust», ha ribadito il leader Idv, Antonio Di Pietro. Per il partito di Clemente Mastella ha parlato il capogruppo alla Camera, Mauro Fabris. «Confermiamo le nostre perplessità: non si possono fare leggi contro qualcuno», ha sottolineato. A surriscaldare gli animi anche il presidente dei deputati del Pdci, Pino Sgobio: «Il testo è inaccettabile, non potremo votare un provvedimento scialbo e annacquato».
Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, il diessino Luciano Violante, relatore del provvedimento, ha glissato sulle fratture della maggioranza e se l’è presa con l’opposizione. «I deputati della Cdl nella tredicesima legislatura si espressero a favore del blind trust. Le loro sono polemiche singolari». «È vero - ha replicato Donato Bruno (Fi) - ma approfondendo le norme si riscontrò l’inapplicabilità del blind trust». Il fronte del «no» sembra abbastanza compatto. «Cercheremo di far capire agli italiani che questa proposta è incostituzionale, aberrante, ingiusta e inaccettabile», ha dichiarato il coordinatore azzurro Sandro Bondi. «È una legge fatta contro Berlusconi», ha affermato il presidente di An, Gianfranco Fini. «L’Unione pensa a ricattare Berlusconi e ad alleggerire le sue aziende», ha detto Rotondi (Nuova Dc).
La palla passa all’Aula.

Martedì prossimo il testo dovrebbe arrivare in assemblea, le pregiudiziali di costituzionalità si affronteranno il giorno successivo, mentre giovedì le Camere in seduta congiunta eleggeranno un giudice costituzionale. Quindi, la vera e propria discussione inizierà dopo le amministrative del 27 e 28 maggio. Il clima da «marce forzate» è più nelle parole che nei fatti.

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