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La nascita di Cristina: reparti d’’avanguardia tra Cà Granda, Mangiagalli, Macedonio Melloni e Buzzi. Il 50 per cento dei neonati in cura viene da fuori Milano da record, 31 culle per salvare i bebè Nelle quattro neonatologie della città vengono assi

Marisa de Moliner

Cristina non è sola. A Milano ha tanti fratellini virtuali. Nello stesso reparto di terapia intensiva del Niguarda dove sta lottando per la vita ogni anno nascono circa sessantacinque neonati prematuri. E altrettanti sono, più o meno, gli stessi che vengono al mondo negli altri tre ospedali specializzati nel trattamento ai piccolissimi. Bimbi che alla nascita pesano pochissimo: meno del chilo e mezzo e non mancano quelli che non raggiungono nemmeno i 750 grammi. È il caso della piccola nata alla Ca' Granda dalla mamma in stato di morte cerebrale che alla nascita pesava 713 grammi, poi calata a 685. Fortunatamente i neonati così leggeri sono i meno frequenti dei bimbi pretermine. Non raggiunge i 750 grammi un neonato ogni 2-3mila, mentre sono tre su mille quelli che pesano meno di un chilo. Più numerosi quelli che non raggiungono il chilo e mezzo. Esserini delicatissimi nella cui cura si sono davvero specializzati al Niguarda, qui oltre alla nascita miracolo di Cristina ce n'è stata un'altra che fece molto scalpore: quella nel Duemila degli otto gemellini Pirrera. I quattro sopravvissuti, tre femmine e un maschio, stanno bene come ha potuto costatare il primario Stefano Martinelli che ha ricevuto recentemente una loro fotografia. I gemellini siciliani Pirrera non sono gli unici venuti a nascere da fuori Milano nel reparto di terapia intensiva della Ca' Granda. «Il 50% dei neonati che curiamo - spiega Stefano Martinelli - proviene da altri ospedali cittadini, regionali ed extraregionali». Tra i meriti del reparto anche quello d'essere centro di riferimento nazionale per il trattamento della retinopatia della prematurità. «Il nostro centro si caratterizza - precisa il primario - per il fatto d'ospitare tutte le branche polispecialistiche per il trattamento dei neonati prematuri: neurochirurgia, cardiologia, cardiochirurgia e chirurgia pediatriche. Trattiamo a trecentosessanta gradi tutte le necessità senza dover effettuare trasferimenti in reparti di altri ospedali. In Lombardia siamo gli unici a poterlo fare, anche perché siamo gli unici ad avere una diagnostica adeguata. Possiamo contare su apparecchiature come tac e risonanze magnetiche». Ma il Niguarda non è l'unico ospedale cittadino che può contare su un reparto di neonatologia. Oltre ai sette letti di terapia intensiva della Ca' Granda ce ne sono altrettanti al Buzzi e alla Macedonio Melloni. A questi vanno aggiunti, infine e non per importanza, i dieci della Mangiagalli. Trentuno culle termiche che ospitano per periodi che oscillano tra i trenta giorni e i cinque mesi e più i neonati che sono nati prima del tempo. Il 20% delle incubatrici ospita gemelli, un evento che accade un parto ogni ottanta.
Gli altri neonati sottopeso, nascono per il 30% dei casi per un travaglio pretermine di cui non si conosce la causa, per fattori patologici, infettivi e no, e perché le condizioni per una crescita in utero non sono idonee. Poi ci sono i casi straordinari come quello di Cristina reso possibile al Niguarda per l'alto livello del reparto di neonatologia. Qui, dove tutto è perfetto, c'è qualche neo? Manca qualche apparecchiatura? «No - risponde il dottor Martinelli - per la strumentazione siamo a posto. Ma qualcosa manca, eccome».

E il primario lancia un appello: «Ci manca un neonatologo. Dalle scuole di specialità escono pochi specializzati». Manca, per utilizzare un lessico calcistico, l'undicesimo uomo, per completare la squadra di neonatologi della Ca' Granda.

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