Cultura e Spettacoli

National Gallery i gioielli della borghesia

Tutti i migliori maestri dal Tre al Novecento sono rappresentati nella pinacoteca londinese. Frutto dell’intelligente strategia del governo e della passione dei collezionisti

I coniugi Arnolfini, due agiati borghesi lucchesi, si fanno ritrarre nella stanza da letto della loro casa di Bruges un giorno imprecisato del 1434. Il pittore, Jan van Eyck, è un loro amico. Lascia infatti sulla tavola, insieme alla data e alla firma, un «fuit hic» («fu qui»), per sottolineare l’abituale presenza nella casa del ricco mercante e banchiere Giovanni Arnolfini. Si ritrae nello specchio sulla parete di fondo, dove compare l’immagine ribaltata dei due coniugi. La stanza è delineata in ogni particolare, dal letto a baldacchino al raffinato lampadario, dalla piccola portafinestra al tappeto, dalla cassapanca agli zoccoli in primo piano sino al cagnolino. I due coniugi sono ripresi dal vero: lui, lungo faccione pallido e occhi slavati, classico volto lucchese, lei graziosa e minuta, forse incinta. Tutti e due elegantissimi, in abiti del tempo.
Basterebbe un quadro di questo genere a motivare una visita alla National Gallery di Londra, dove il dipinto arrivò nel 1842. Ma di capolavori questo museo ne ha a bizzeffe. Tanto per fare qualche esempio: la Venere allo specchio di Velázquez, la Venere e Cupido del Bronzino, la giovane Donna seduta alla spinetta di Vermeer, la Madonna col Bambino del Masaccio, il Battesimo di Cristo di Piero della Francesca, la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello. E poi Bellini, Mantegna, Antonello da Messina, Botticelli, Tiziano, Leonardo, Raffaello, grandi fiamminghi, grandi tedeschi, francesi e spagnoli. Insomma, tutti i migliori maestri europei, dal Trecento al Novecento. Ma non è l’unico merito della National Gallery, dove sin dall’Ottocento si entrava gratis. A differenza di altri importanti musei, come il Louvre, gli Uffizi, il Prado o il Kunsthistorisches di Vienna, nati da collezioni reali e principesche, quello londinese è il risultato dell’intelligente strategia del governo e della passione collezionistica della borghesia.
La pinacoteca, inaugurata il 10 maggio 1824, contava allora trentotto dipinti, acquistati dal primo ministro di Giorgio IV, Lord Robert Banks Jenkinson, conte di Liverpool, dal ricco commerciante e collezionista John Julius Angerstein. C’erano Rembrandt, Rubens, Van Dyck, Lorrain, molti italiani, tra cui Sebastiano del Piombo con la Resurrezione di Lazzaro. La sede era la casa del mercante, al numero 100 di Pall Mall. Da quel momento acquisti e donazioni si susseguono. Tra il 1825 e il 1828 arrivano la Madonna del cesto di Correggio, il Bacco e Arianna di Tiziano, il Baccanale di Poussin e altre opere prestigiose. Il nucleo originario si arricchisce, tanto da dover essere ospitato in una nuova sede a Trafalgar Square, inaugurata nel 1838 dalla regina Vittoria. Un edificio severo, in seguito rimaneggiato.
A occuparsi di ingrandire la pinacoteca furono allora i diversi direttori, dinamici e intraprendenti, oltre che ottimi conoscitori. Charles Eastlake, ad esempio, gira tutta l’Europa alla ricerca di capolavori. A collaborare con lui c’erano storici dell’arte e critici, come John Ruskin, la cui predilezione per il Rinascimento italiano valse alla National Gallery l’arrivo di opere di Paolo Uccello, Piero della Francesca, Bronzino. Mentre allo stesso Eastlake si deve l’acquisto di stupendi fiamminghi, come la Maddalena leggente di Rogier van der Weyden.


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