La nazionale dei barboni decimata dagli sgomberi «Sono spariti i giocatori»

Non hanno le energie per correre. Nemmeno la testa per fare gli allenamenti, i morsi della fame stringono lo stomaco. E il pensiero va alla propria moglie e al figlioletto di nemmeno un mese in preda ai crampi nel campo provvisorio di Bisceglie. Metà della squadra della Nazionale italiana dei senzatetto, che terrà alto l’onore degli azzurri - forte dei due successi mondiali in Svezia (2004) e Scozia (2005) - nella Homeless world cup che si terrà a Milano dal 6 al 13 settembre, è stata sgomberata. Sì, il Comune di Milano, primo in Italia a ospitare i Mondiali di calcio dei senza tetto, manifestazione che gode del patrocinio della presidenza del Consiglio dei ministri, del ministero degli Esteri, del ministero delle Pari opportunità, della Presidenza del consiglio e della presidenza della Repubblica, il 18 giugno scorso ha sgomberato l’ex caserma di via Forlanini, occupata abusivamente, da dove provenivano metà dei giocatori della nazionale. «Il neonato sulla strada» di cui leggeva sui giornali è il figlio di uno dei giocatori. La moglie ha bisogno urgente di un’operazione, che i medici si rifiutano di fare finché la donna non avrà una sistemazione adeguata: vivendo in un campo nomadi provvisorio, che verrà anche questo sgomberato, rischia di prendersi delle infezioni durante la convalescenza.
Sabato pomeriggio agli allenamenti, che si tengono al campetto dell’Idroscalo due volte alla settimana, - un campo da street soccer a due mesi dai mondiali ancora non c’è - il ct ha dovuto chiedere alla società che organizza il campionato di portare dei panini per i giocatori, che non mangiavano da giorni. «Non posso correre, sono due giorni che non mangio - mi dicevano, racconta l’allenatore Bogdan Kwappik - allora ho chiesto alla società di portare pane e prosciutto. Non solo, ogni volta devo chiamare i miei giocatori e andarli a prendere perché vengano agli allenamenti, sono persone in difficoltà, in tutti i sensi, che vanno accudite. Sono molto amareggiato e preoccupato: lo spirito dei mondiali non è certo questo, anzi. Il senso ultimo dell’iniziativa è aiutare i senza tetto che partecipano a inserirsi nella società, trovare un lavoro e una sistemazione».
«L’Homeless world cup, infatti - si legge nel sito - non sarà semplicemente un evento, ma un punto di partenza, un volano che darà vita a un progetto di solidarietà sociale di recupero sportivo permanente». I giocatori diventano per una volta i protagonisti dell’evento, guadagnando così nuova fiducia in se stessi e rinnovato entusiasmo, strumenti indispensabili per intraprendere un percorso di reinserimento nella società. «La missione del campionato è avviare un percorso con le istituzioni cittadine e le aziende socialmente responsabili per ideare e promuovere nuovi progetti di accoglienza e di reinserimento per le persone senza dimora».
Il ct ha anche scritto una lettera al presidente del consiglio comunale per segnalare il problema dei giocatori sgomberati, ma nessuno ha risposto. Nessuna risposta si è avuta nemmeno alla richiesta al Comune, che patrocina il mondiale, di finanziamenti per la preparazione della squadra: «Quando siamo andati in Polonia il mese scorso per gli Europei di calcio abbiamo dovuto fare la colletta per pagare benzina e autostrada». Insomma a due mesi dal calcio di inizio dell’Homeless world cup, la nazionale di calcio non viene trattata proprio con i guanti: non esiste un campo di street soccer, non ci sono i palloni, le divise, i soldi, né il cibo.

L’Homeless world cup, invece, dovrebbe lasciare un’eredità a Milano: una struttura sportiva e sociale aperta a tutti, un vero e proprio centro diurno per le persone senza dimora.
E dire che il sindaco Moratti è l’ambasciatore ufficiale dei mondiali...

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