La serata della Nazionale di ritorno a Torino dopo una vita (precedente apparizione nel novembre del 2000, amichevole con l’Inghilterra, 1 a 0, gol di Gattuso, Trap ct in carica) sembra preparata da un vero regista. Grande la suggestione scandita innanzitutto dalla presenza di Marcello Lippi sulla panchina azzurra: Torino è stata la città della sua consacrazione professionale, la Juve la squadra di riferimento con cui riuscì a vincere scudetti e coppa dei Campioni e dove tornò richiamato da Umberto Agnelli in persona il quale impose la scelta alla triade. A Torino conobbe anche l’umiliazione di una sconfitta (4 a 2 dal Parma) cui seguirono improvvise e clamorose dimissioni.
A Torino, vestito d’azzurro, Lippi può tornare nella sera in cui la sua Italia è una succursale della Juventus. Non certo per simpatia innata come pure pensano taluni, Mario Corso è uno dei tanti inseguiti dai cattivi pensieri, ma per la svolta italiana cercata dall’ultima Juventus, dentro in questa circostanza anche Marchisio oltre a Cannavaro e Grosso, esponenti di spicco dei mundialisti del 2006 in Germania, un giovanotto di belle speranze appena sbarcato dall’under 21 al fianco di due veterani. «Tanti juventini, tutti insieme, schierati in Nazionale sono un motivo di vero orgoglio» detta da Vinovo (sede provvisoria del ritiro azzurro prestato sempre dalla casa madre juventina) Giorgio Chiellini, un toscanaccio autentico, capace anche di “graffiare” i rivali dell’Inter con una riflessione che sa proprio di cazzotto sotto la cintura, «l’orgoglio riguarda anche la Champions, specie se penso a club che non hanno neanche un italiano in squadra» la puntura del difensore.
Non è il primo dei nuovi arrivati in Nazionale, non è nemmeno l’ultimo. Perchè al plotone bianconero di domani sera da schierare contro la Bulgaria, tra sei e sette presenze, può aggiungersi anche Amauri, forse il più atteso a leggere gli umori segreti di Lippi e in ritardo sulla tabella di marcia a causa di impedimenti burocratici (passaporto ritardato di qualche mese). L’argomento oriundi, oltre a costituire piena attualità, sembra fatto apposta per dividere. Azeglio Vicini è decisamente contro, con un distinguo dedicato in esclusiva a Thiago Motta e Amauri, «sono favorevole a quei giocatori con doppia nazionalità che a 20 anni scelgono l’azzurro, non a quelli di 30 che dopo aver atteso una vita la convocazione da Argentina e Brasile ripiegano sulla maglia azzurra». Mica sballata come obiezione.
Al fuoco di sbarramento verso il centravanti brasiliano della Juve, partecipa, per la prima volta in modo franco da quando frequenta il circolo mediatico, Alberto Gilardino che non passa certo per un cuor di leone. Domani sera può essere l’ennesima occasione per cancellare l’idea di un centravanti tradito dall’eccesso di tensione e responsabilità. Gli toccherà arpionare la Bulgaria, pensando anche ad Amauri e alle future scelte di Lippi, visto che Luca Toni, per esempio, ha già notificato al Bayern la sua decisione, «se non gioco stabilmente, a gennaio vorrei andare via» la dichiarazione impegnativa del pennellone modenese. «Amauri è fortissimo ma da solo un calciatore non risolve i problemi di una squadra» l’opinione di Gilardino spesa per far dimenticare gli stenti dell’attacco italiano, mancano all’appello da una vita i gol degli specialisti, l’ultimo sigillo di Giuseppe Rossi contro l’Egitto nella Confederations Cup.
Così alla fine, Antonio Cassano, tanto per cambiare può rimpiangere solo di essere finito alla Samp, che pure nel cuore del ct sta, invece che alla Juve.
«Lippi non gradisce Cassano per motivi extra-calcistici» sentenzia Mazzone che non è così velenoso come Mario Corso («avesse giocato a Torino sarebbe stato diverso»). «No, per Lippi Cassano è un suonatore solitario» la tesi assolutoria di Arrigo. Uno che si rivede nei panni di Lippi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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