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"I barchini nel mirino". Assalti al largo della Tunisia per rubare i motori

Un gruppo di migranti a Lampedusa ha dichiarato di aver subito un assalto da parte di un peschereccio per il furto del motore: ecco cosa accade in Tunisia

"I barchini nel mirino". Assalti al largo della Tunisia per rubare i motori

La Tunisia, per la sua vicinanza con Lampedusa, è diventato il porto di partenza principale in direzione del nostro Paese. Sono soprattutto i subsahariani a prendere il mare, dietro pagamento di ingenti somme di denaro ai tunisini. Lo fanno a bordo di barche in metallo inadatte alla navigazione, realizzate nei capannoni industriali situati tra Sfax e Monastir in poche ore. Basta poi trovare un motore per partire e sperare di toccare terra dall'altra parte del mare.

Questa soluzione permette di reperire un numero potenzialmente infinito di barche per le partenze a costi moto bassi. Le barche in legno sono care, sono limitate e difficilmente vengono cedute dai tunisini ai subsahariani, se non dietro corrispettivi enormi, che vanno a sommarsi alla "mazzetta" che viene versata dagli organizzatori. I motori vengono acquistati online o dai traffichini locali, che spesso revisionano, si fa per dire, propulsori dismessi per renderli utilizzabili a coprire quel breve tratto di mare. I motori fanno gola a tanti, non solo ai migranti: spesso, infatti, i barchini vengono depredati da altre imbarcazioni che li abbordano per portare loro via il propulsore. L'ultimo caso è stato raccontato da un gruppo di migranti sbarcato a Lampedusa, secondo i quali durante l'operazione perpetrata da un peschereccio sarebbe morta una bambina, caduta in mare a seguito dell'abbordaggio.

Tuttavia, dalla Tunisia, come spiega la Stampa, questa versione viene rinnegata. "È molto improbabile che i pescherecci rubino ai migranti. I pescatori li salvano i migranti. E proprio negli ultimi giorni hanno riportato a terra diversi cadaveri di chi non ce l’ha fatta. Se i pescatori volessero fare soldi farebbero gli scafisti", racconta Faouzi Masmoudi, magistrato e portavoce della Procura di Sfax al quotidiano torinese. Anche dai riscontri che abbiamo avuto modo di avere noi, più che di pescatori si tratta di "pirati", probabilmente interessati a rubare i motori per rivenderli al mercato nero e così guadagnare più e più volte su uno stesso prodotto.

Circola anche voce, infatti, che possano essere gli stessi trafficanti a intervenire alla partenza dei barchini: se un convoglio viene lanciato, anche se non arriva a destinazione, i migranti non vengono risarciti. Togliendo il motore ai barchini quando questi sono ancora sotto costa, infatti, le probabilità che vengano riportati indietro dai pescherecci che li incrociano sono altissime.

E quello stesso motore, il trafficante, lo può spendere su un altro convoglio e così via, all'infinito.

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