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Da Auschwitz al salvataggio della Torre di Pisa: l'avventura di Michele Jamiolkowski

Si è spento all'età di 91 anni. Rinchiuso con il padre nel campo di concentramento di Auschwitz, alla liberazione tra mille difficoltà riuscì a ricongiungersi alla madre. Bravo studente, si laureò in Geologia e Ingegneria, divenendo docente

Michele Jamiolkowski
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Da Auschwitz al salvataggio della Torre di Pisa: l'avventura di Michele Jamiolkowski

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Se la Torre di Pisa è ancora in piedi gran parte del merito è di un ingegnere, Michele Jamiolkowski, professore emerito del Dipartimento di Ingegneria Strutturale Edile e Geotecnica del Politecnico di Torino, che per undici lunghi anni guidò il Comitato Internazionale per la Salvaguardia della Torre, grazie al cui lavoro l'antico monumento, conosciuto in tutto il mondo, ridusse la propria pendenza e si stabilizzò. Il professore si è spento a Torino a 91 anni, li avrebbe compiuti il prossimo 21 luglio.

Ovviamente Jamiolkowski non agì da solo: con lui lavorò un team di esperti, arrivati da tutto il mondo, e alcune imprese del settore. Il vero e proprio "miracolo" fu quello di aver fermato l'aumento dell'inclinazione, invertendo la rotta e, quindi, ridando fiato al monumento pendente più famoso del mondo.

Se ripercorriamo la storia di Jamiolkowski scopriamo delle cose davvero interessanti. Michal Molda (questo il suo primo nome) era nato a Stryj, in Polonia (oggi in Ucraina) il 21 luglio 1932, in una famiglia di ferrovieri. Crebbe a Leopoli e durante la seconda guerra mondiale fu rinchiuso con il padre nel campo di concentramento di Auschwitz, dove rimase fino alla liberazione. Il padre, riservista dell'esercito polacco, rimase uccico dai tedeschi nel 1943. Il giovane Michal sopravvisse agli stenti e, finita la guerra, tentò di tornare a casa, ma finì nelle mani delle forze sovietiche. Fu interrogato e tenuto in condizioni disumane e, solo alla fine, rilasciato. A soli dodici anni raggiunse, tra mille difficoltà, la città di Cracovia, dove miracolosamente riuscì a riabbracciare sua madre.

Riprese una vita normale, dimostrandosi un bravissimo studente. Sua madre si risposò e, così, Michal prese il nome del padre adottivo, Jamiolkowski. Si laureò in Geologia all'Università di Varsavia, divertendosi con la sua grande passione sportiva, il basket. Nel 1959 decise di trasferirsi in Italia, con la sua famiglia, dove prese la cittadinanza e iniziò gli studi post laurea al Politecnico di Torino, proseguendoli poi negli Usa. Tornato all'ombra della Mole divenne professore di Geotecnica, insegnando dal 1969 al 2006. Nella sua lunga carriera accademica fu docente anche all'Università di Kiev (all'epoca in Unione Sovietica), all'Università di Laval (Québec, Canada), e al Mit di Cambridge (Stati Uniti).

Consulente per diversi progetti importanti, in vari angoli del mondo, nel 1985 si occupò di alcuni studi geotecnici relativi al progetto per il ponte sullo Stretto di Messina. Si occupò anche degli studi e dei progetti per la salvaguardia di Venezia, contribuendo alla realizzazione del Mose, e fu attivo anche nello studio per la copertura del reattore esploso a Chernobyl.

Una carriera, quella di Jamiolkowski, piena di riconoscimenti e apprezzamenti. Ma l'aver "salvato la Torre di Pisa" resta, probabilmente, la medagli al petto più grande. Ecco cosa raccontò il professor Jamiolkowski nel 2019 parlando di questo grandissimo risultato: "È stata una esperienza magnifica, un grande lavoro di squadra. Le abbiamo allungato la vita di 3-400 anni". L’inclinazione del campanile fu ridotta di ben 460 millimetri, riportandolo a quella dei primi dell’Ottocento e restituendo alla Torre altri secoli di vita in sicurezza.

Quella volta che la Torre rischiò di crollare

Il 6 gennaio 1990 la Torre fu chiusa al pubblico. Fu deciso per dare il via una volta per tutte ai lavori di messa in sicurezza. La cerimonia avvenne con il sindaco di Pisa, Giacomino Granchi, che chiuse il portone, collegato in diretta tv con un programma di Raffaella Carrà sulla Rai. L'intervento che si rivelò vincente fu quello della "sottoescavazione£, che però non fu deciso subito. Ci si arrivò piano piano, andando per tentativi e senza smettere mai un secondo di tenere monitorata la Torre. Prima c'erano stati diversi tentativi: bretelle d’acciaio per fasciare il monumento nei punti più fragili, pesanti lingotti di piombo posti alla base per contrastare la pendenza.

Si arrivò persino a congelare il terreno sottostante con l’azoto liquido, sul lato opposto a quello dell’inclinazione, per installare poi dei cavi d’acciaio sotterranei a 50 metri di profondità. La soluzione, che era stata studiata nei minimi dettagli, si rivelò pericolosissima, e per poco non fu fatale. Una volta congelato il terreno, infatti, di colpo la pendenza della torre accelerò, un millimetro solo in una notte. Accadde nel settembre 1995 e lì molti pensarono a un crollo imminente.

Il salvataggio della Torre complessivamente costò 55 miliardi di vecchie lire.

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