Cronaca giudiziaria

"Non sono Cospito": muoiono in cella nel silenzio per lo sciopero della fame

I due detenuti, entrambi ristretti nel carcere di Augusta, sono morti a distanza di un mese l'uno dall'altro per le conseguenze di uno sciopero della fame. Il Garante: "Trovare soluzione per evitare esiti inaccettabili"

Morti in cella "nel silenzio" per lo sciopero della fame. Il Garante: "Non come per Cospito"

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Morti in cella "nel silenzio" per lo sciopero della fame. Il Garante: "Non come per Cospito"

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Due detenuti, entrambi reclusi nel carcere di Augusta (Siracusa), sono morti per le conseguenze di uno sciopero della fame protratto per oltre 60 giorni nel primo caso e 41 nel secondo. Una tragedia passata quasi in sordina rispetto a quella che ha interessato Alfredo Cospito, l'anarchico e insurrezionalista che ha digiunato per oltre 100 giorni contro l’applicazione nei suoi confronti dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. "Mentre molta doverosa attenzione è stata riservata allo sciopero della fame nel caso di una persona detenuta al 41-bis, con interrogativi che hanno anche coinvolto il mondo della cultura e l'opinione pubblica, oltre che le Istituzioni - denuncia il Garante nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà, Mauro Palma, con una nota diramata nel tardo pomeriggio do ieri (giovedì 11 maggio) - nella Casa di reclusione di Augusta il silenzio ha circondato il decesso di due persone detenute avvenute a distanza di pochi giorni, ambedue in sciopero della fame".

Le parole del Garante

Il primo a morire, lo scorso aprile, è stato un detenuto siciliano in sciopero della fame da 60 giorni. L'altro ergastolano era un cittadino russo che, secondo quanto apprende l'Agi, avrebbe scelto il digiuno prolungato come forma di protesta per sollecitare le autorità in merito alla richiesta di estradizione nel Paese d'origine (la Russia) formulta nel 2018. Su entrambi i decessi indaga "contro ignoti" la procura di Siracusa. La notizia, diffusa dal sindacato di Polizia penitenziaria (Sippe), ha suscitato la reazione immediata del Garante nazionale dei detenuti che sul punto "richiama l'attenzione pubblica sulla necessità della completa informazione che deve fluire dagli Istituti penitenziari all'Amministrazione regionale e centrale affinché le situazioni problematiche possano essere affrontate con l'assoluta attenzione che richiedono". ll Garante nazionale, sottolinea il comunicato, "non intende assolutamente sollevare problemi relativi all'assistenza che queste persone possono avere avuto nell'Istituto e all'adempimento dei protocolli che sono previsti in simili casi. Intende però richiamare - conclude la nota - la necessità di quella trasparenza comunicativa che, oltre a essere doverosa per la collettività, può anche aiutare a trovare soluzioni in situazioni difficili perché non si giunga a tali inaccettabili esiti".

"Organici ridotti all'osso"

Sulla vicenda sono intervenuti anche i sindacati della polizia penitenziaria che, peraltro, denunciano "una gravissima carenza di personale", dichiara a Repubblica.it Dario Quattrocchi, segretario nazionale dell'Osapp. "Le carenze di personale sono ormai croniche - dice Quattrocchi - Con l'integrazione di sole dieci unità non si riesce a sviluppare il servizio e il piano estivo".

Gli fa eco Nello Bongiovanni, della segretaria siracusana del Sippe: "Sempre più spesso siamo noi a doverci fare carico di queste situazioni di disagio - afferma - ma intanto gli organici sono ridotti all'osso".

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