
La luce in fondo al tunnel finalmente si intravede con il piano di pace di Donald Trump per girare veramente pagina nella tragedia di Gaza. E l'Italia avrà un ruolo in prima linea con un contingente interforze a fianco delle truppe arabe di stabilizzazione della Striscia ridotta in macerie. I prossimi giorni saranno cruciali con i colloqui in Egitto, probabilmente a Sharm el Sheik, fra gli emissari di Hamas, gli israeliani, i mediatori arabi e soprattutto l'inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff e il genero del presidente Trump, Jared Kushner. Non ci sarà la solita melina, ma tempi stretti, pochi giorni, per avviare il piano di pace. Prendere o lasciare.
L'esercito israeliano ha sospeso da ieri all'alba l'attacco su Gaza city ponendosi in "assetto difensivo" per rendere possibile il primo passo dell'accordo che sta a cuore allo Stato ebraico: il rilascio di tutti gli ostaggi, vivi e morti accettato da Hamas. Probabilmente non sarà possibile realizzarlo in 72 ore, ma verrà fatto in pochi giorni dopo il definitivo via libero dall'Egitto, e senza lasciare rapiti nelle mani dei terroristi come nella tregua precedente. In cambio verranno liberati da Israele 1.700 prigionieri palestinesi arrestati dal 7 ottobre in poi e 250 ergastolani. Non è escluso che siano compresi anche detenuti eccellenti, che faranno imbestialire la destra israeliana, come Marwan Barghouti, considerato un "eroe" dal popolo palestinese. Lo scambio ed i vari passaggi del piano prevedono un ritiro in tre fasi dell'Idf, le forze armate israeliane, fino a una zona cuscinetto ai confini della Striscia. I falchi del governo ebraico, Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, ministri di riferimento dei coloni, non accetteranno il piano e sembra certo che rassegneranno le dimissioni. Non a caso ieri non erano presenti a una riunione di emergenza del governo. Bibi Netanyahu, "animale" politico di lungo corso ha già ottenuto, grazie ai buoni uffici della Casa Bianca, la stampella del leader dell'opposizione, Yair Lapid per non far cadere l'esecutivo e il piano di pace.
Hamas ha anche accettato la nascita di un governo tecnico a Gaza con rappresentanti "indipendenti" palestinesi coadiuvato da personaggi come Tony Blair, ex primo ministro laburista. Il vero nodo, però, rimane il disarmo totale di Hamas in cambio dell'amnistia o di un salvacondotto per i comandanti più esposti con il 7 ottobre e gli ultimi due anni di guerra. Il "fantasma", Ezzedin al-Haddad, attuale comandate militare di Hamas nella Striscia, che gli israeliani hanno cercato di uccidere sei volte, sarebbe disposto a consegnare all'Egitto o alle Nazioni Unite i missili rimanenti, le armi pesanti e l'esplosivo. Però vorrebbe tenersi le armi leggere, i kalashnikov, come avevano fatto i Fedayn di Yasser Arafat durante la ritirata da Beirut Ovest assediata dagli israeliani nel 1982. Netanyahu insisterà sul disarmo totale o l'esilio per chi non accetta la condizione del piano. Un altro nodo sollevato da Hamas riguarda "il futuro della Striscia di Gaza e i diritti fondamentali del popolo palestinese" si legge nella risposta a Trump. Se il piano sarà veramente attuato, una Gaza ricostruita e pacificata potrebbe diventare non solo la "riviera" del Mediterraneo, ma accendere la speranza del riconoscimento di una vera nazione palestinese nell'unica ottica possibile di due popoli e due stati. Dopo il rilascio degli ostaggi entreranno nella Striscia tutti gli aiuti necessari sotto la regia delle Nazioni Unite. Il governo di emergenza palestinese per le necessità primarie della popolazione si insedierà subito. Per garantire la sicurezza avrà bisogno dell'appoggio di una forza di stabilizzazione internazionale. La parte del leone la faranno i paesi arabi, ma non è escluso una presenza americana e l'Italia ha dato la sua disponibilità a inviare truppe compresi i carabinieri.
Il 9 ottobre si terrà a Parigi una riunione internazionale per l'implementazione del piano. Il passaggio in Parlamento è obbligato, ma forse, una volta tanto, il voto potrebbe essere unanime, per fare uscire Gaza dal tunnel della guerra.