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Domenica In, Tommaso Cerno: "Ecco perché dobbiamo preservare il presepe"

Il presepe è il simbolo più autentico del Natale, che celebra la nascita di Gesù Cristo su intuizione di San Francesco per primo lo ha "illuminato"

Domenica In, Tommaso Cerno: "Ecco perché dobbiamo preservare il presepe"
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A meno di una settimana dal Natale, le case delle famiglie italiane sono addobbate ormai da tempo per le feste. Luci, colori, alberi ma, soprattutto, il presepe, una tradizione secolare per il nostro Paese, che qualcuno vorrebbe cancellare, ridurre a mero folklore ma che in realtà è un rito che si ripete di generazione in generazione per portare la nascita di Gesù, quindi la speranza, in ogni casa. Non è solo una questione di statuine di gesso o di muschio sintetico adagiato con cura su un tavolino in salotto. Il presepe rappresenta l’argine ultimo contro quella cultura della cancellazione che, in nome di un malinteso senso di inclusività, vorrebbe privare le nostre piazze e le nostre scuole del loro simbolo più autentico. Ogni anno assistiamo al solito copione: presidi che tentennano, giunte comunali che preferiscono "installazioni astratte" alla mangiatoia, quasi come se l'immagine di un bambino nato in una stalla potesse offendere qualcuno.

"La tradizione del presepe, siamo a Natale e nelle case degli italiani torna il presepe. E parliamo di un italiano, straordinario, che fra pochi giorni comincia l'anno degli 8 secoli dalla sua scomparsa, di 'sorella morte'': parliamo di San Francesco, che il presepe lo ha 'inventato', se si può usare questa parola. L'ha 'illuminato' per primo, ridando vita quotidiana alla nascita di Gesù. È un momento straordinario della spiritualità, della mistica ma anche della tradizione", ha spiegato il direttore de il Giornale Tommaso Cerno intervenendo a Domenica In. "È un momento della vita quotidiana delle famiglie che attorno a quel presepe si ritrovano e a volte giocano, sia i bambini che gli adulti, con le statuine. È tutto il presepe, io lo faccio e ho anche lanciato una campagna con il Giornale per farci vedere il presepe degli italiani: arrivano migliaia di foto, dei più diversi", ha proseguito, ricordando anche i presepi fatti nelle carceri, dove sono "un momento di uscita da quello stato di minorità, di reclusione, di vita terribile che è la quotidianità. E Aldo Cazzullo l'ha raccontato in un saggio meraviglioso, Francesco".

Ecco perché difendere il presepe oggi significa rivendicare il diritto alla propria memoria.

Dalle grandi cattedrali ai piccoli borghi arroccati, quel bambino posto al centro della scena nella notte del 24 dicembre ricorda a tutti che non esiste futuro senza la consapevolezza di ciò che siamo stati. È un atto di resistenza culturale, un gesto d'amore verso un'eredità che non può e non deve essere svenduta al miglior offerente del politicamente corretto.

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