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Ex pescherecci usati al posto delle navi: ecco la flotta delle Ong che aggira la legge

Le 21 imbarcazioni con cui le "organizzazioni" pattugliano le acque italiane

Ex pescherecci usati al posto delle navi: ecco la flotta delle Ong che aggira la legge

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Ex pescherecci usati al posto delle navi: ecco la flotta delle Ong che aggira la legge

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L'Italia sta subendo una pressione migratoria straordinaria: nella sola giornata di ieri sono state diverse migliaia le persone arrivate a Lampedusa, con tanti barchini da creare code in ingresso al molo. Una situazione mai vista prima che ha stupito gli stessi lampedusani. "La maggior parte delle barchette arrivate tra la notte scorsa e oggi provengono con quasi certezza dalle navi madre che li lasciano in acque territoriali", ha dichiarato all'Adnkronos il questore di Agrigento, Emanuele Ricifari.

In questo scenario così complicato si inseriscono anche i mezzi delle Ong. Sono in tutto 21 le imbarcazioni complessivamente a loro disposizione che vengono schierate a rotazione tra le coste africane e quelle italiane, alle quali si aggiungono 2 aerei di ricognizione. Il Paese maggiormente rappresentato è la Germania, che può disporre di 11 imbarcazioni battenti la sua bandiera. Segue la Spagna con 3. Di Italiane al momento ce ne sono due, così come di norvegesi e britanniche. Una, invece, batte bandiera di Panama. Le grandi navi, con una capacità di carico superiore alle 200 persone a bordo, sono nove: Ocean Viking, Open Arms 1, Open Arms, Sea-Watch 5, Life Support, Geo Barents, Sea-Eye 4, Humanity I, ResqPeople. Quella con maggiore capacità è Sea-Watch 5, imponente nave tedesca capace di trasportare fino a 500 migranti per volta.

Sono mezzi massicci e robusti, capaci di affrontare lunghi viaggi, anche in presenza di mare formato, come dimostra lo sbarco dello scorso novembre della Geo Barents a Marsiglia. Questi natanti sono quelli che incidono maggiormente sulle casse delle Ong, perché richiedono maggiore manutenzione, costi per il carburante e per l'ormeggio. Anche per questa ragione, da quando è entrato in vigore il "decreto Piantedosi", le organizzazioni che hanno nelle loro disponibilità mezzi più piccoli preferiscono operare con quelli. Potendo effettuare solo un intervento, come stabilito dalla norma, vanno in mare con imbarcazioni di stazza minore con le quali tentare di far leva sulle autorità per ottenere porti non distanti. Mare Jonio, Sea Punk I, Aita Mari, Rise Above, Mare*Go sono solitamente ex pescherecci o rimorchiatori, che vengono adattati per diventare mezzi di soccorso in mare. Possono portare a bordo meno di 200 persone e hanno talvolta velocità superiori rispetto alle navi.

Sono barche più agili ma difficilmente sono in grado di raggiungere i porti del nord Italia ed è emblematico l'esempio della Mare*Go che quest'estate ha rifiutato il porto di Trapani, perché distante, per sbarcare a Lampedusa. A queste si aggiungono i velieri Astral, Nadir, Imara e Trotamar III. Vengono messi in acqua con l'esplicito obiettivo di aggirare la legge: operano soprattutto tra la Tunisia e Lampedusa ed è proprio sull'isola che vengono fatti sbarcare, perché incapaci di raggiungere altri porti avendo motori a bassa potenza. Hanno una capienza molto ridotta, al massimo di poche decine di persone e si incastrano perfettamente tra le maglie del decreto varato dal Viminale.

Un discorso simile vale per le barche veloci, che attualmente sono tre: Louise Michel, Aurora e Maldusa. Sono natanti capaci di superare i 20 nodi di velocità, a differenza di tutti gli altri che viaggiano al di sotto dei 15. Sono molto agili, raggiungono le zone di interesse rapidamente e operano spesso come supporto per le altre imbarcazioni. La più grande di queste, ma anche la più performante finora operativa, è quella finanziata dall'artista Banksy, capace di raggiungere i 25 nodi di velocità e di trasportare fino a 120 persone ma non di percorrere lunghe tratte in mare.

Fatta la legge, trovato l'inganno.

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