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Occhio al falso made in Italy: così ci rubano la piadina romagnola

In Cina sarebbe già stato registrato il marchio "piadina", ma tentativi di imitazione sono stati segnalati anche in Francia, Stati Uniti, Svizzera e Germania

Occhio al falso made in Italy: così ci rubano la piadina romagnola

Prima il Bolgheri, poi il Parmigiano Reggiano. E adesso, anche la piadina romagnola, visto che in Cina avrebbero persino già registrato un marchio foneticamente molto simile (senza contare innumerevoli tentativi di plagio provenienti da tutto il mondo). A lanciare l'allarme è stato nelle scorse ore proprio il Consorzio di tutela e promozione della piadina romagnola IGP, tramite l'avvocato Paolo Migani. Si tratterebbe dell'ennesimo assalto ad un'eccellenza del "Made in Italy" riprodotta indebitamente da altri Paesi, dopo i casi che hanno visto un'azienda bulgara tentare di "appropriarsi" del vino Bolgheri e di un'impresa colombiana tentare di fare proprio il parmigiano. La piadina, nonostante abbia raggiunto da tempo lo status IGP (ovvero l'Indicazione geografica protetta) risulterebbe infatti tra i prodotti italiani più copiati all’estero. Il principio di fondo sembrerebbe oltretutto essere lo stesso: i "furbi stranieri" giocano sull'assonanza, proponendo per i rispettivi prodotti un nome somigliante all'originale italiano.

Meglio se accompagnato sulla confezione da una bandiera tricolore o da eventuali altri simboli atti ad evocare l'Italia nell'immaginario del consumatore. Ma si tratta di un escamotage volto a trarre in inganno i consumatori meno attenti, i quali credendo di acquistare un prodotto della tradizione gastronomica italiana si ritrovano invece qualcosa di completamente diverso. E se la "falsificazione" più sfrontata arriverebbe dalla Cina, anche numerose realtà europee avrebbero tentato di replicare la piadina. "Si tratta dell’utilizzo improprio del nome per un prodotto che in realtà è spesso ben diverso, cosa che avviene anche in Europa. Non si tratta di casi isolati: abbiamo riscontrato tentativi di questo tipo in Francia, anche in Svizzera ne è stato segnalato uno. Poi c’è la Germania - ha spiegato Migani al quotidiano Il Resto del Carlino - per quanto ci riguarda svolgiamo un monitoraggio su scala globale per vedere cosa accade. In Cina abbiamo assistito alla registrazione del marchio "piadina", significa che anche i cinesi vedono le potenzialità in questo marchio e nel prodotto".

E poi ci sarebbe lo stratagemma già utilizzato da alcune imprese con sede negli Stati Uniti, che avrebbero operato un assurdo mix fra la cucina italiana e quella messicana. "In questo caso troviamo il nome piadina ma non l'aggettivo "romagnola", visto che negli Usa con questo termine identificano curiosamente una ragazza originaria di Roma - ha chiosato Migani - in realtà i prodotti venduti in questo modo cercano di assomigliare all’originale, però sono completamente diversi. A volte assomigliano più a delle "tortillas", a dirla tutta". L'impressione, in ultima analisi, è che il Consorzio di tutela della piadina avrà molto da fare per difendere il prodotto, specie oltre i confini nazionali. Ma i recenti successi ottenuti da altri consorzi italiani nei confronti di imprese rivali dimostrano come le battaglie per difendere il vero made in Italy dalle falsificazioni si concludano spesso positivamente.

Anche se talvolta a distanza di anni.

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