A maggio, gli arrivi a Lampedusa sono stati inferiori rispetto alle aspettative e a quanto accaduto nei mesi precedenti. Il clima incerto ha sicuramente avuto la sua parte di responsabilità ma ci sono anche i maggiori controlli tunisini, coordinati dall'Italia, a funzionare come diga in quello stretto braccio di mare. Meno partenze vuol dire meno rischi di morte in mare e una migliore capacità di gestione per quelli che arrivano. La strategia del governo Meloni, solo apparentemente a bassa intensità, al momento sembra funzionare. Questo non significa che le attività dei trafficanti si siano interrotte nel nord Africa e, nello specifico, in Tunisia, ma che abbiano rallentato per paura delle carcerazioni.
Un inviato di Repubblica è andato a Sfax, principale città di partenza dei convogli, per capire il funzionamento delle organizzazioni e quello che ha trovato non stupisce. È riuscito ad avere un contatto con uno dei gestori delle rotte, uno dei souraka che opera solamente con i tunisini. E non ci sono ragioni razziali dietro: semplicemente, a differenza dei subsahariani, pagano di più. E infatti a loro vengono destinate le barche migliori, quelle in legno, e non quelle in metallo, che sembrano più delle bare, per altro scarsamente galleggianti.
"Viaggiano donne con neonati o famiglie intere. Non voglio macchiarmi le mani del loro sangue. E poi un naufragio è un grosso rischio anche per me", spiega l'organizzatore, che si vanta di non aver per il momento mai visto naufragare uno dei suoi convogli. È tunisino, ha iniziato la sua attività nella manovalanza e, nonostante la giovane età, col tempo è riuscito a mettere da parte un gruzzolo di denaro che gli ha permesso di avviare una propria attività. Oggi gestisce in autonomia le partenze, è un souraka, ossia uno dei "boss" di Sfax e ha il controllo di una parte di territorio e di una fetta di mercato dell'immigrazione tunisina. Il numero di locali che partono è inferiore rispetto a quello dei subsahariani ma avendo maggiori disponibilità economiche c'è una certa convenienza: "Il prezzo richiesto ai clienti dipende sempre dal servizio fornito. Sono 2500-3000 dinari (740-880 euro) su una barca di legno con più di cinquanta persone a bordo. Chi, invece, ne pagherà 7000-8000 andrà nella stessa imbarcazione, ma solo con una trentina di migranti e due motori invece di uno, nel caso il primo faccia cilecca".
Per le barche meno affollate, il guadagno supera i 210mila dinari: soldi che il souraka deve dividere tra sé e i collaboratori. Questo è un periodo di magra per le partenze ma lui è convinto di riprendere a pieno regime ad agosto: "Ho già trenta viaggi completi e pronti a partire. La Meloni si deve rassegnare". Le organizzazioni criminali nel traffico di esseri umani non funzionano in modo diverso da una qualunque società, ma sono coperte da attività legali che puliscono i soldi sporchi. Godono di finanziatori privati e rispettano le regole del mercato e del delicato equilibrio tra domanda e offerta.
"Leggendo il racconto della sua ‘professione’ e l’orgoglio condito da un certo sentimento di sfida e onnipotenza, non si può fare a meno di sentire ancora una volta l’urgenza di estirpare questa industria che gioca sulla vita delle persone", dichiara in una nota il vice ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché deputato di FdI, Maria Teresa Bellucci. L'esponente del partito di Giorgia Meloni sottolinea come "i trafficanti di persone sono da sempre nel mirino di questo Governo, la nostra politica migratoria ha come scopo la loro cattura mediante la piena collaborazione delle autorità locali.
Il bilateralismo rappresenta per noi una risorsa, una condotta che stiamo portando avanti grazie all’operato del presidente Meloni e del ministro Tajani, e che ha nell’Unione Europea un partner chiave".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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