L’avvocato della figlia di Wanna Marchi: “Stefania Nobile mi chiese un Tso per Lacerenza”

Il legale rivela: “Voleva il TSO per salvarlo dalla droga”. Ma i dubbi restano: davvero cercava di aiutarlo o assecondava per interesse? La procura indaga

L’avvocato della figlia di Wanna Marchi: “Stefania Nobile mi chiese un Tso per Lacerenza”
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L’avvocato di Stefania Nobile, Liborio Cataliotti, ha rivelato a Telelombardia un retroscena inedito sul rapporto tra la figlia di Wanna Marchi, Stefania Nobile e Davide Lacerenza, il “King della Gintoneria” agli arresti domiciliari dal 4 marzo con l’accusa di spaccio di droga e sfruttamento della prostituzione, mentre sul Nobile (pure lei ai domiciliari) pende soprattutto un’ipotesi di reato legata al riciclaggio. Ma cosa ha rivelato nel programma “Iceberg” Cataliotti?

Il legale ha sottolineato come Stefania Nobile “fosse assolutamente preoccupata per quella che era diventata una dipendenza di Lacerenza e che lo portava a sragionare e non avere il controllo di se'”, un timore che, secondo l’avvocato, “è palpabile nelle intercettazioni”. In effetti c’è un passaggio, nell’ordinanza del gip di Milano in cui la figlia di Wanna Marchi fa un esplicito riferimento a una possibile richiesta di Tso (trattamento sanitario obbligatorio) nei riguardi di Lacerenza (“Lo faccio rinchiudere”) per sottrarlo alla dipendenza di droga e alcol.

Ma qualche dubbio sulla effettiva volontà di un intervento di questo tipo sussiste. In nessuno dei tanti video postati in rete la Nobile si mostra infatti particolarmente allarmata dello stile di vita di Lacerenza, anzi in molte situazioni pare assecondarlo pur esplicitando una netta avversione per l’uso di sostanze stupefacenti, ma tollerando la presenza di escort nel locale consapevole del fatto che la loro attività portava lauti guadagni per la Ginto, la società in comproprietà tra lei e Lacerenza. Cataliotti sottolinea come, ignara che ci fosse un'indagine giudiziaria in corso, “Stefania Nobile mi chiese se gli si poteva imporre un trattamento sanitario obbligatorio, un amministratore di sostegno o uno strumento di legge che obbligasse Lacerenza a curarsi dalla dipendenza dalla droga”.

“Convocai Davide che venne nel mio ufficio e gli venne rappresentato lo scenario - precisa l’avvocato -. Lacerenza ha tentato più di una volta di sconfiggere questo demone. Nobile voleva anche evitare che lui dilapidasse con la sua dipendenza il patrimonio della gintoneria. La mia intima convinzione è che questo sia stato il motore che ha alimentato questa macchina perversa che lo ha portato sotto processo. Stefania Nobile aveva una repellenza totale sia verso le droghe sia verso la prostituzione”.

Il legale conclude con un auspicio: “Confidiamo che quantomeno questa situazione sia un deterrente rispetto al prosieguo della coltivazione di quel vizio”. Quanto infine al cosiddetto “tesoro della Gintoneria” (si sospetta nascosto in Albania), l’avvocato sostiene che “non esiste”. La procura di Milano è di parere ben diverso…

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