L'odio senza fine di Vauro: la vignetta choc sulla morte di Berlusconi

Il vignettista del Fatto non perde l'occasione di attaccare il Cav: "Ma non sono sempre i migliori che se ne vanno?"

L'odio senza fine di Vauro: la vignetta choc sulla morte di Berlusconi
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È sempre il solito Vauro. È sempre il solito Vauro che si ostina a vedere in Silvio Berlusconi, seppur morto, il nemico e non l'avversario politico. Il primo va disprezzato fino all'ultimo; ci si deve accanire contro di lui; bisogna colpirlo anche quando non c'è più. Il secondo, invece, lo si rispetta, soprattutto da morto. Ma per Vauro questo non è possibile. Per forma mentis innanzitutto perché la matita del Fatto quotidiano resta un vecchio arnese indottrinato a pane e comunismo.

Del resto, non è che al Fatto quotidiano siano campioni di cavalleria. Ieri Natangelo pubblicava una vignetta in cui si vedeva un becchino che, di fronte a una buca, chiedeva: "Allora?! Scende in campo?". Oggi, invece, è la volta di Vauro che, pochi minuti dopo l'annuncio della morte del Cavaliere, lancia su Twitter un disegno in cui un uomo dubbioso afferma: "Berlusconi è morto. Ma non sono sempre i migliori che se ne vanno?".

Ora si dirà che è satira. Che è giusto e lecito scherzare su tutto e tutti. Vero, almeno in teoria. In pratica, però, esistono buongusto, educazione e correttezza che dovrebbero mettere un limite.

E non è perché siamo bigotti. È perché abbiamo una visione del mondo che è antitetica a quella di Vauro e a tutti i Vauri in circolazione. L'aveva descritta bene un uomo che di satira se ne intendeva e che, per difendere questo diritto, a un certo punto della sua vita decise di prendere la via del carcere. Quell'uomo si chiamava Giovannino Guareschi. In uno dei suoi racconti più toccanti, quello sulla morte della maestra Cristina (alter ego della madre dello scrittore), si racconta dell'ultimo desiderio della vecchina: esporre la bandiera monarchica sul proprio feretro. I comunisti si oppongono. Inizia una battaglia politica tra sinistra e destra e, alla fine, è Peppone, il sindaco, a decidere. In un consiglio comunale caldissimo, afferma che rispetta di più la maestra da morta che i presenti vivi e, d'imperio, stabilisce che il volere di quella donna è sacro e che, pertanto, deve essere rispettato.

"Cose che succedono là, in quel paese strampalato dove il sole picchia martellate in testa alla gente e la gente ragiona più con la stanga che con il cervello, ma dove, almeno, si rispettano i morti". Ecco, se Vauro vuole davvero iniziare a fare satira, inizi a leggere Guareschi. Non potrà che trarne giovamento e, forse, imparerà anche una lezione: il rispetto dei morti.

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