
Dai momenti più terrificanti alle situazioni più tragiche. Incalzata dal Corriere della Sera, Cecilia Sala rivela alcuni dettagli inediti relativi alla sua detenzione in Iran nella terribile prigione di Evin. La giornalista 30enne è stata arrestata il 19 dicembre 2024 in un albergo di Teheran. "Sto registrando un podcast per Chora seduta sul letto. Un pasdaran con cui avevo appuntamento mi ha appena detto che non può incontrarmi, perché in città c'è troppo smog. Intuisco che qualcosa non torna. Bussano alla porta. Rispondo che non ho bisogno di nulla. Bussano ancora. Apro. Capisco subito quello che stanno per farmi. Mi prendono i soldi, il passaporto, il telefonino. Mi incappucciano. Mi portano via. E mi rendo conto della cosa più terrificante", esordisce ritornando con la mente a quell'istante.
In primis, la giornalista ha voluto porre la sua attenzione al momento peggiore vissuto, quando l’hanno fatta uscire dalla cella, bendata e incappucciata come sempre, aggrappata al bastone della guardia per non cadere. Una volta tolta la benda e il cappuccio si è trovata davanti a una gru. “È quello che facciamo alle spie”, le hanno detto, riferendosi alle impiccagioni. “È una cosa che sappiamo tutti – ha continuato a riflettere la 30enne -, ma assicuro che vedere la gru delle impiccagioni lì, nel cortile del carcere, è stata durissima. Ho avuto una crisi di panico, e per una volta, anche se mi ero ripromessa di non farlo mai, ho accettato di essere sedata”. La giornalista italiana, giova ricordarlo, si trovava nel Paese con un regolare visto giornalistico. Le autorità iraniane hanno giustificato l’azione affermando che Cecilia Sala era stata catturata “per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran”.
Altrettanto impressionante è il racconto dettagliato della vita in carcere. "Ti spogliano. Devi fare il solito squat nuda. Sul pavimento sotto il metal detector sono dipinte le bandiere americana e israeliana, che devi calpestare. Gli uomini vengono picchiati. Tutti, sistematicamente. Le celle per gli interrogatori sono chiuse e insonorizzate, ma a volte vengono aperte, e senti le grida dei torturati", racconta la penna del Foglio.
Poi, a stretto giro, le rivelazioni più crude. "Anche le donne a volte vengono bastonate. A me non è accaduto. Ma sul muro della mia cella c’era una grande macchia di sangue. Versata dalla donna che era lì dentro prima. Non so se fosse stata picchiata, o si sia ferita da sola", spiega. Nella sua cella, infatti, non c'era proprio nulla.
"Non un letto, non un materasso, non un cuscino. Solo un secchio di acciaio per i bisogni, in alternativa al cesso alla turca dove talora mi portava la guardia. Nient’altro - racconta - tranne la macchia di sangue".