"Dei mercenari". Lo sfregio degli studenti rossi ai militari di Nassiriya

Per gli esponenti dei collettivi, superiori e universitari, i carabinieri e i militari sono "ignobili mercenari" e da parte loro dicono di accogliere "con soddisfazione ogni nuovo attacco che la resistenza irachena lancia contro gli eserciti invasori"

"Dei mercenari". Lo sfregio degli studenti rossi ai militari di Nassiriya
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Mentre il Paese ricorda la strage di Nassiriya, avvenuta il 12 novembre 2002, nella Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, le frange rosse degli studenti ci tengono a dire che questo non avviene in loro nome. "Nessun lutto per i militari uccisi", scrive il Collettivo universitario autonomo, condiviso anche dai collettivi rossi degli studenti medi. Dal giorno dell'attacco, dove si ricorda hanno perso la vita 28 persone, 19 italiani e 9 iracheni, "nel nostro Paese è esistita una sola voce: rappresentanti delle istituzioni nazionali, locali, stampa, radio ed emittenti televisive hanno iniziato un'offensiva ideologica incredibile, dove allo stravolgimento completo della realtà si è accompagnata la riscoperta della peggiore retorica militare e di un ridicolo orgoglio tardo-nazionalista".

Così si legge nel comunicato che sta circolando in queste ore. L'intero comunicato è un concentrato di odio e propaganda anti-occidentale e anti-militarista, di costrutti ideologici fuori dal tempo che cercano in qualche modo di giustificare gli assalti. "Ma chi erano questi carabinieri e questi soldati che dovremmo piangere? Ignobili mercenari pagati per uccidere in un Paese straniero, per esportare con le armi la dove sorse la più antica civiltà del mondo la cultura del Mc Donad's e del Maresciallo Rocca". E ancora, scrivono, "li conosciamo bene questi individui, pronti a far scorrere il sangue anche a casa nostra, sempre in nome della pace, dell'ordine, della democrazia: pagati profumatamente con i nostri soldi vanno all'estero come tirapiedi degli Usa, troppo cretini forse anche per aspettarsi ciò che è successo. E questa Repubblica delle banane riscopre all'improvviso di essere Patria".

Nella nota si legge ancora che "entusiasti, politicanti e giornalisti ora possono sventolare il tricolore sul loro piccolo, modesto 'ground zero': il nostro si trova all'estero, ma poco importa. Quanto a noi, salutiamo con soddisfazione ogni nuovo attacco che la resistenza irachena lancia contro gli eserciti invasori, in nome nome dell'elementare autodeterminazione del popoli". Quel che preoccupa, e che deve necessariamente portare importanti riflessioni anche su quanto accade in Italia, su chi partecipa alle manifestazioni e sulle ragioni che portano agli scontri nei cortei, che nella maggior parte dei casi sono veri e propri attacchi alle forze di polizia.

Chi ha firmato il comunicato è spesso in prima fila nei cortei, difende l'illegalità e oggi arriva a giustificare l'uccisione di uomini dello Stato. Sono purtroppo esternazioni già viste e sentite, che hanno sempre portato gravissimi problemi.

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