
Un agente della polizia penitenziaria in servizio a Vercelli è stato brutalmente aggredito da un detenuto che in quel momento si trovava ricoverato nel reparto detentivo dell'ospedale locale. L'aggressore è un nordafricano di cui è nota la violenza, che ha approfittato di un momento in cui l'agente gli ha consentito di recarsi in bagno. L'attacco è stato feroce, tanto che al poliziotto sono stati dati 30 giorni di prognosi con ingessatura e collare, ma soprattutto è stato condotto al grido di "Allah Akbar". Questa è la denuncia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria attraverso il segretario per il Piemonte Vicente Santilli, che ha voluto far emergere le difficoltà in cui si trovano a operare gli agenti a contatto con detenuti di questo tipo.
"La cosa inquietante è che l’aggressione, particolarmente violenta, è stata posta in essere al grido di 'Allah Akbar'. Solo l’immediato intervento di altri Baschi Azzurri ha fermato la furia dell’uomo, al quale poi i sanitari hanno previsto un intervento farmacologico", ha spiegato il sindacalista. La tensione è alta e questo nuovo episodio ha portato negli ambienti carcerari anche il pericolo fondamentalista, che non può essere sottovalutato: "Così non si può più lavorare: oltre alle continue minacce verbali e agli insulti, ora dobbiamo anche registrare il richiamo alle parole d’ordine di un fondamentalismo islamico becero e violento. La Polizia Penitenziaria deve essere messa in condizione di svolgere il proprio lavoro in sicurezza, nelle carceri e negli ospedali".
Donato Capece, segretario generale del SAPPE, ha inoltre evidenziato che "la minaccia terroristica di matrice internazionale è ormai da tempo accostata alla considerazione che le carceri possano costituire un bacino di reclutamento importante, agevolato oltre che dal massiccio affollamento degli istituti penitenziari anche dalla mancanza di punti di riferimento esterni". Silvia Sardone, vice segretario della Lega, dopo aver espresso solidarietà all'agente della polizia penitenziaria, ha ribadito il rischio esposto da Capece, sottolineando "il rischio crescente di radicalizzazione all'interno delle carceri italiane, troppo spesso trasformate in veri e propri incubatori di odio e proselitismo islamista".
Non possiamo permettere, ha aggiunto, "che il nostro personale in divisa, già costretto a lavorare in condizioni difficilissime, debba anche rischiare la vita per episodi riconducibili all'estremismo religioso".