La presentazione in Senato del libro sullo Xinjiang

Il libro di Dolkun Isa, La trappola cinese, è stato presentato in Senato. Terzi (FdI) ha sottolineato che la presenza del leader uiguro rappresenta un momento significativo per i diritti umani

La presentazione in Senato del libro sullo Xinjiang

Intervenendo in Senato alla conferenza stampa di presentazione del libro di Dolkun Isa “La trappola cinese" organizzata in collaborazione con il Comitato Globale per lo Stato di Diritto "Marco Pannella", il Sen. Terzi (FdI) ha sottolineato che la presenza del leader uiguro (etnia presente nella provincia cinese dello Xinjiang) rappresenta un momento significativo per i diritti umani e lo Stato di Diritto. In particolare perché sei anni era stato impedito ad Isa di entrare in Senato dove avrebbe dovuto tenere una conferenza stampa con il Sen. Compagna. Isa, invece, era stato arrestato per alcune ore dalla polizia in base ad una Red Notice della Cina all'Interpol, eseguita nonostante tale notifica fosse stata revocata in quanto illegittima.

La presentazione del libro di Dolkun Isa

Il libro di Dolkun Isa documenta in modo circostanziato diversi episodi nei quali Pechino ha dimostrato di abusare gravemente dell'Interpol per impedire a dissidenti e rifugiati politici cinesi di testimoniare all'ONU e agli organi dell'Assemblea Generale e del Consiglio sui Diritti Umani avvalendosi anche della connivenza di funzionari internazionali compiacenti.

Le numerose violazioni perpetrate da Pechino hanno creato, come sottolinea Dolkun Isa nel suo lavoro, un'immane trappola alla libertà per milioni di cittadini uiguri dello Xinjiang tesa dal Partito comunista cinese. Tutto ciò per sradicare la loro stessa identità nazionale. Una politica di condizionamento estremo che, come rilevato dagli altri partecipanti alla conferenza, non è rivolta solo alle diverse etnie che popolano quel grande Paese, ma una strategia che mira a condizionare, sino a soggiogare, i popoli nei cui Paesi si snodano le vie della seta e la Belt and Road Initiative.

Riprendendo alcuni spunti del libro di Isa, Terzi ha aggiunto come la negazione della libertà, della cultura e della lingua uigure sia praticata soprattutto attraverso la reclusione di circa tre milioni di uiguri, di cui un milione di bambini strappati alle loro famiglie, nei cosiddetti campi di formazione professionale (vocational training camps). Tale definizione veniva usata per quelli che sono veri e propri campi di rieducazione simili a quelli sovietici o maoisti. La loro esistenza è stata peraltro documentata da ricognizioni satellitari, rapporti di giornalismo investigativo e dalle testimonianze rese al Tribunale Uiguro presieduto da Sir Geoffrey Nice con una decisione del dicembre 2021.

Unanime è stato infine il convincimento espresso dagli interventi circa la necessità di una mozione parlamentare che possa denunciare, come avvenuto in una decina di parlamenti occidentali e al Parlamento europeo, il genocidio del popolo uiguro in Xinjiang.

Focus sullo Xinjiang

Il "genocidio" delle minoranze etniche condotto dal Partito comunista cinese nella regione autonoma dello Xinjiang "non può essere ignorato" dai governi di tutto il mondo, che devono fare di più per proteggere gli attivisti che hanno trovato rifugio all'estero. Lo ha dichiarato Dolkun Isa, presidente del Congresso mondiale uiguro (Wuc), durante la manifestazione a Sala Caduti di Nassiriya del Palazzo Madama.

"Attualmente ci sono almeno un milione di minori separati dalle loro famiglie e detenuti nei campi dello Xinjiang. E' una situazione che non puo' essere ignorata dalla comunita' internazionale. Per mettere fine al genocidio degli uiguri, i governi devono fare di piu', sostenere gli attivisti e proteggerli dalla repressione transnazionale della Cina", ha dichiarato Isa, che nel 2006 ha ottenuto la cittadinanza tedesca.

All'evento erano presenti anche altri relatori tra cui

Luigi Compagna, già Senatore, Gianni Vernetti, già sottosegretario degli esteri, Matteo Angioli, Segretario Generale del Global Committee for the rule of law “Marco Pannella” e Vas Shenoy, fondatore di Dialogue on Democracy.

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