
È stata conclusa con successo dalla Digos di Torino un'operazione di contrasto al terrorismo che ha portato all'arresto di un cittadino tunisino quarantenne per partecipazione all’organizzazione terroristica jihadista. L'arresto è stato compiuto in collaborazione con il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, che si è avvalso del Nucleo regionale, il tutto sotto il coordinamento della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione.
Dalle indagini è emerso che il tunisino, che si trovava già in carcere, era pronto a realizzare un attentato una volta liberato, morendo in nome dell’Islam e alzandone la bandiera. Pare stesse avviando anche un presunto progetto per impugnare le armi in onore della religione di Maometto, ritenendo la Sharia l’unica legge da applicare mediante il martirio. Fortunatamente è stato fermato prima che potesse lasciare la casa circondariale per mettere in pratica i suoi propositi terroristici.
L'indagato vive in Italia da oltre 10 anni con un nominativo fasullo e durante l'operazione "Shaytan" sono stati acquisiti elementi utili a individuare elementi relativi alla sua partecipazione a un'organizzazione terroristica. In particolare, sono emersi dettagli di contatto tra l'indagato e Al Qaeda, di cui ha idolatrato quello che è stato per anni il leader, Osama Bin Laden, mente diabolica dietro gli attacchi dell'11 settembre di New York, e non solo. Pare che l'indagato abbia anche seguito i suoi insegnamenti, diventando parte attiva dell'organizzazione terroristica Ansar al-Sharia, molto attiva in Tunisia.
Durante il periodo di detenzione sono stati intercettati diversi suoi racconti, intervallati dai canti di nasheed tipici della propaganda islamista, nonché da storie, anche di natura mistica e citazioni sul volere di Dio, per convincere gli stranieri, che di volta in volta hanno condiviso la camera detentiva, a scegliere la strada del Jihad.
Ha cercato di fare leva soprattutto sulla mancanza di rispetto della religione islamica da parte degli occidentali e sull’esaltazione degli attentati eseguiti dallo Stato Islamico sul territorio europeo. Questo conferma la pericolosità delle carceri come luoghi in cui trovare terreno fertile per il proselitismo, anche se non è noto se i detenuti avvicinati dall'indagato abbiano seguito i suoi consigli.