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Quel dettaglio che svela tutta l'ipocrisia dell'Ong che opera tra Italia e Tunisia

Una nuova Ong sta operando tra Italia e Tunisia, nel corridoio pattugliato con successo dalle guardie costiere: ecco cosa c'è dietro

Quel dettaglio che svela tutta l'ipocrisia dell'Ong che opera tra Italia e Tunisia

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Una nuova nave Ong è pronta a prendere le vie del Mediterraneo centrale. È partita da Lampedusa nella giornata di ieri per dirigersi nel corridoio tunisino, quello stretto braccio di mare che separa il Paese nordafricano dalla nostra costa, che ha un'ampiezza di poche decine di chilometri e che i migranti percorrono anche in meno di 12 ore, pure a bordo dei barchini più sgangherati. La nuova nave è facilmente riconoscibile per via della carena tinteggiata di giallo e si chiama Mare Go. È armata dall'omonima organizzazione non governativa, batte bandiera tedesca e la sua costruzione risale al 1917, stando alle informazioni al momento disponibili. Per alcuni anni ha operato con il nome di Mare Liberum e prima ancora appartenenza alla flotta della Sea Watch.

La nuova nave della flotta civile sfrutta l'aumento delle partenze dalla Tunisia per inserirsi nel grande mondo degli interventi in mare, occupando la posizione che finora nessuna Ong era andata a prendere. Il corridoio tunisino è uno stretto braccio di Mediterraneo pattugliato con grande efficienza dalle guardie costiere. L'Italia e la Tunisia, infatti, collaborano con successo in questa parte di mare, facilmente gestibile viste le distanze così brevi. Da Sfax a Lampedusa, che è la rotta maggiormente battuta, ci sono circa 99 miglia nautiche, corrispondenti a 180 chilometri più o meno. E da Mahdia sono ancora meno, appena 70, per circa 120 chilometri. Perché una Ong dovrebbe inserirsi in un braccio di mare così limitato, che ha già un'ottima gestione ufficiale? Perché non batte la seconda rotta libica, quella ignorata da tutte le altre navi anche se usata, o non va a supporto della rotta turca, anche questa non considerata dalle Ong ma attiva?

"Siamo consapevoli di quanto siamo fortunati a nascere con privilegi occidentali. Non ci sentiamo in colpa ma crediamo anche di non meritarlo. Pertanto abbiamo deciso di utilizzare i nostri privilegi per ridurre la perdita di vite umane in mare", scrivono nel loro profilo Twitter lanciando la prima missione. È partito il conto alla rovescia per capire quanto ci metteranno a trovare un barchino in questa piccola porzione di mare e a lamentarsi del porto che verrà loro successivamente assegnato.

La Mare Go sembra voler operare laddove è certa di trovare migranti, che anche senza il loro aiuto arriverebbero facilmente in Italia. Migranti che, in caso di difficoltà a ridosso della costa tunisina, hanno da sempre avuto il supporto dei pescatori e della guardia costiera tunisina. Questo Paese nordafricano è sicuro, non ci sono alert e non ci sono violazioni dei diritti umani. Sono stati segnalati alcuni episodi di intolleranza verso i subsahariani ma il contesto non è di pericolo.

Eppure, pare che Mare Go si stia inserendo nel canale tunisino per agevolare l'immigrazione illegale, non per salvare vite, compito che svolgono egregiamente le guardie costiere.

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