"Sistema misto e stranieri nei Paesi d'origine". La proposta per le carceri del sindacato di polizia

Pensare a un sistema misto pubblico-privato per la gestione delle carceri abbasserebbe i costi di gestione per lo Stato e creerebbe nuove possibilità

"Sistema misto e stranieri nei Paesi d'origine". La proposta per le carceri del sindacato di polizia
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In Italia esiste un'emergenza carceri, il sovraffollamento è un problema concreto, così come lo è la penuria di agenti per la gestione. L'indice di sovraffollamento ha raggiunto il 130% ma, al contempo, creare e gestire un carcere ha costi enormi e, considerando quanti ne servirebbero, il problema assume dimensioni importanti. Come risolverlo? L'idea di modificare il paradigma e ripensare il sistema carcerario avanza a grandi passi e la possibilità di introdurre un sistema misto pubblico-privato inizia a concretizzarsi a più livelli. "Posso assicurare che il mio dicastero sta profondendo il massimo sforzo per alleviare, almeno in parte, le condizioni di grave disagio, se non di dolore, che affliggono anche la casa circondariale di Torino", ha dichiarato il ministro Carlo Nordio di recente, in risposta alla lettera del sindaco di Torino Stefano Lorusso, che ha chiesto un impegno al ministero.

"Non abbiamo mai fatto un investimento a lungo raggio e, ovviamente, strutturale, per cui abbiamo bisogno di nuovi istituti penitenziari", ha dichiarato a il Giornale il segretario generale provinciale per Torino del sindacato della Polizia di stato Fsp, dott. Luca Pantanella, che sottolinea anche come l'assunzione di un migliaio di nuovi agenti di Polizia Penitenziaria sarà "una boccata d'aria fresca" non risolutiva perché anche questo corpo, come gli altri, a breve avrà una ulteriore riduzione di organico, frutto dei pensionamenti degli agenti entrati in servizio alla fine degli anni Ottanta, che sono la maggior parte. "Noi andiamo in pensione verso i 60 anni, quindi i 1000 che verranno assunti non andranno neanche a colmare quelli che vanno in pensione", ha aggiunto.

L'altro problema, ha proseguito Pantanella, è che le carceri sono "strutture costose", che richiedono "investimenti importanti e la coperta è corta. Sarebbe utile iniziare a pensare in senso moderno, ossia anche alla possibilità di aprire ai privati", ossia "investire anche in progetti finanziati da privati per la costruzione di nuovi tipi di istituti penitenziari, fino a ipotizzare un sistema misto col privato". Secondo Pantanella, bisogna "incominciare a ipotizzare i servizi del genere dove c'è una sinergia tra pubblico e privato, dove si creano posti di lavoro ma dove i corpi dello Stato devono comunque sovraintendere, essere presenti in ruoli chiave". Di fondi di investimenti che possono intervenire, spiega ancora a il Giornale, "ce ne sono tanti e possiamo iniziare una nuova pagina per sistemi più moderni".

Il sindacalista ha sottolineato nel corso dell'intervista che esiste una bassa recidiva tra i detenuti impegnati in progetti lavorativi: "Chi esce dal carcere che ha imparato un mestiere, molto spesso non compie nuovamente reati. Però siamo anche convinti che chi delinque, chi è condannato, deve espletare tutta la pena". Un concetto fondamentale per Pantanella, che spiega che "il senso o percezione della sicurezza passa anche dal concetto di certezza della pena", perché "chi ha un debito deve pagarlo, per lo Stato e per i cittadini. Non possiamo, con la scusa delle carceri che sono piene, continuare a fare dei decreti per liberare". A tal proposito, l'esponente del sindacato Fsp, si dice d'accordo al rimpatrio dei detenuti stranieri e irregolari, perché "un detenuto comunque costa. Si potrebbe fare un discorso bilaterale, per cui se il mio detenuto è somalo, faccio un esempio, piuttosto che marocchino si può pensare di dare un contributo allo Stato d'origine, affinché gli anni che deve fare qui possa a farli lì".

Considerando il numero di stranieri presenti nelle carceri italiani, questa potrebbe essere una chiave per una prima risoluzione. "Sicuramente ci sarà chi protesta perché dice 'poverino lo mandate in un Paese' incivile e quant'altro" ma, prosegue Pantanella, "poter fare un accordo con la possibilità di scontare la pena del Paese di provenienza sarebbe l'ideale, anche dando un contributo, perché secondo me costa di meno che mantenerli nelle nostre carceri.

Anche perché va considerato che quando esce non è detto che venga espulso e che non torni nuovamente in carcere per altri reati". Un argomento chiave, quello esposto da Pantanella, sottovalutato dalle politiche che hanno governato l'Italia negli anni precedenti.

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