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Strage di Erba, ecco i jolly in mano alla difesa che smontano confessioni e riconoscimento

Dagli audio fatti ascoltare ai coniugi alla pista della 'ndrangheta, così all'udienza del 16 aprile i legali di Olindo e Rosa proveranno a convincere la Corte

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Cosa succederà alla prossima udienza del processo di revisione sulla Strage di Erba, fissata tra due settimane? I legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi - condannati all’ergastolo per la mattanza che l’11 dicembre 2006 provocò la morte di Raffaella castagna, di suo figlio Youssef di 2 anni e mezzo, della mamma Paola Galli e della vicina di casa Valeria Cherubini - chiederanno l’ammissibilità di tutte le nuove prove emerse nel corso di questi mesi e proporranno di audire 33 nuovi testi, le cui deposizioni potrebbero convincere i tre giudici della Corte a ribaldare il verdetto di colpevolezza.

La ricostruzione della Procura generale rispetto alla graniticità delle tre prove alla base della condanna - macchia di sangue sull’auto di Olindo, riconoscimento del supertestimone Mario Frigerio, confessioni - verrà messa in discussione dal pool di legali guidata da Fabio Schembri, Luisa Bordeaux e Nico D’Ascola. È proprio sulla genuinità delle confessioni che la difesa ha intenzione di contestare la memoria presentata dal Pg bresciano Guido Rispoli e dall’Avvocato generale dello Stato Domenico Chiaro, secondo cui non è vero che la confessione di Olindo in cui chiamava in causa la moglie venne fatta ascoltare integralmente a Rosa. Nel podcast Il Grande Abbaglio è possibile ascoltare l’audio delle confessioni, da cui si scopre non solo che a Rosa vennero rilette integralmente le dichiarazioni di Olindo, ma che l’avvocato d’ufficio Pietro Troiano, si premurò addirittura che Rosa confermasse la versione giusta rilasciata dal marito, non la prima confessione nella quale attribuiva a se stesso e non anche alla moglie la responsabilità della strage.

Poi si discuterà del riconoscimento di Olindo da parte del testimone Mario Frigerio. Secondo l’avvocato generale dello Stato Domenico Chiaro già nell’interrogatorio del 15 dicembre 2006, quello rivelato dal Giornale nel novembre 2007 in cui Frigerio parlava di un uomo con «la carnagione olivastra, mai visto prima», il supertestimone sembrava dire «è stato Olindo». Per Chiaro avrebbe fatto «due o tre volte» il nome di Olindo. Ma la memoria della Procura generale, che fa riferimento alla sentenza di primo grado, è smentita da quelle di appello e Cassazione e anche - secondo i legali - dalle intercettazioni della stanza d’ospedale di Frigerio di cui si chiede l’acquisizione come nuova prova. Secondo la difesa grazie a questi audio mai entrati a processo, dalla viva voce del testimone e del suo avvocato Manuel Gabrielli (morto suicida l’anno scorso) è assolutamente chiaro che Frigerio fino al 26 dicembre 2006 non sapeva dire nulla del suo aggressore, figuriamoci se poteva averne fatto il nome il 15 dicembre. E su questo sarà battaglia in aula, anche perché è solo dopo il 26 dicembre che Frigerio cambierà idea e indicherà Olindo come suo aggressore. Ma le intercettazioni nella sua stanza d’ospedale sono sparite, senza ragione alcuna. Mancano infatti i brogliacci dalle 11,49 del 28 dicembre alle 9,55 del 3 gennaio.

La difesa punterà anche sulla pista alternativa, quella indicata dal nuovo testimone Abdi Kais su un possibile regolamento di conti per questioni di droga tra i marocchini legati agli albanesi di Ponte Lambro e i tunisini legati alla famiglia di Azouz Marzouk, marito e padre di due delle vittime della Strage di Erba, che verrà arrestato mesi dopo la mattanza dalla Guardia di Finanza. Nella loro memoria alla Corte d’Appello Rispoli e Chiaro sostengono che, stando all’ordinanza che portò all’arresto di Azouz e dei suoi parenti, non vi era traccia dello spaccio nella casa della corte di via Diaz a Erba. Ma secondo i legali nell’ordinanza c’è scritto che gli spacciatori prendevano gli ordini anche in Piazza del mercato, ovvero fuori dalla corte di via Diaz, per poi tornare dopo appena cinque minuti con la droga.

Per la Procura generale di Brescia non vi sarebbe nemmeno prova di contatti tra questa gang di spacciatori e la criminalità organizzata. In realtà, già nell’ordinanza si parlava di contatti certi con ambienti criminali decisamente «più elevati e pericolosi», confermati poi dall’inchiesta Crimine-Infinito del 2010, che rivelò l’esistenza a Erba di una potente cosca di ’ndrangheta legata agli albanesi (subentrati, nel frattempo, ai tunisini di Azouz) e degli ingenti traffici nel Meratese-Lecchese gestiti dalla mafia calabrese. Secondo un pentito considerato tra i più attendibili, Francesco Oliverio, già a capo della famiglia di Belvedere Spinello, la ndrangheta a Erba trattava centinaia di chili di droga proprio con le bande straniere ogni settimana. Anche Azouz era legato a uno di loro: Francesco Crivaro era diventato l’ombra di Azouz subito dopo la strage.

Ma per i pm antimafia di Milano e Reggio Calabria era ai vertici della locale di ‘ndrangheta di Erba con a capo Pasquale Varca. Soltanto una coincidenza?

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