
"La situazione della libertà di stampa globale nel 2025 è ai minimi storici". A dirlo è Reporters Sans Frontieres che colloca l’Italia al 49esimo posto nella classifica globale sulla libertà di stampa, il peggior risultato dei Paesi dell’Europa occidentale.
Una che classifica guidata dalla Norvegia, seguita da Estonia e Paesi Bassi, mentre nelle ultime posizioni si collocano la Cina (178esima), la Corea del Nord (179esima) e l’Eritrea (180esima). "Più di metà della popolazione mondiale vive in Paesi con una situazione 'molto grave'", osserva Reporters Sans Frontieres secondo cui, in Italia, il principale ostacolo per i giornalisti restano le minacce delle "organizzazioni mafiose, in particolare nel Sud del Paese, nonché dei vari gruppi estremisti che commettono atti di violenza".
Ma non solo. L'organizzazione francese, poi, attacca il governo italiano che attraverso una “legge bavaglio” tenta di "ostacolare la libera informazione in materia giudiziaria" e attraverso le querele punta a "intimidire, imbavagliare o punire coloro che cercano di partecipare e di esprimersi su questioni di interesse pubblico". Un giudizio che sembra molto politicamente orientato. A riprova di questo c'è il declassamento degli Stati Uniti, che passano dal 55esimo al 57esimo posto, descritto come "il primo significativo e prolungato declino della libertà di stampa nella storia moderna" e dovuto al "ritorno di Donald Trump alla presidenza".
Un ritorno che "sta aggravando notevolmente la situazione". Ora è chiaro che un simile giudizio sia quanto mai fazioso, soprattutto alla luce del fatto che Rfs pone Trinidad e Tobago al 19esimo posto davanti al Regno Unito, mentre Taiwan si colloca al 24esimo posto, sopra la Francia che è la patria della libertà di stampa. Persino la Germania esce dalla top ten a causa del "clima di lavoro sempre più ostile per i professionisti dei media, in particolare a causa degli attacchi dell’estrema destra". Un altro giudizio decisamente scomposto, visto e considerato. Oltretutto, sono molto discutibili anche i criteri di valutazione presi in considerazione: politica, diritti, economia, socio-cultura e sicurezza.
Secondo l’organizzazione, infatti, "una situazione di sicurezza fragile e il crescente autoritarismo" e le fragili condizioni economiche dei media minano la libera informazione. "Il giornalismo indipendente è una spina nel fianco degli autocrati, ma se i media sono finanziariamente in difficoltà, chi smaschererà disinformazione, disinformazione e propaganda?", si chiede l’organizzazione.
Tutto vero, ma se in Occidente, quindi in Paesi democratici e liberi, ci sono lettori che che liberamente decidono di non comprare i giornali o di non abbonarsi a siti indipendenti è legittimo parlare di crisi del settore dell'informazione, ma non si può parlare di crisi della libertà di stampa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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