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"Tutti voi maschi siete colpevoli". L'accusa choc su Giulia

A Quarta Repubblica, Valeria Fonte punta il dito contro i maschi: "È il genere di appartenenza a determinare la responsabilità"

"Tutti voi maschi siete colpevoli". L'accusa choc di Valeria Fonte su Giulia

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"Tutti voi maschi siete colpevoli". L'accusa choc di Valeria Fonte su Giulia

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Tutto si può comprendere, ovviamente. Soprattutto il dolore di Elena Cecchettin. Il vuoto che si prova a perdere una sorella per mano violenta giustifica, forse, anche le accuse generiche a tutti i maschi che “devono fare mea culpa” per un omicidio di cui l’unico responsabile è solo il suo assassino. Risulta invece molto più complicato, anzi addirittura impossibile, capire come la scrittrice Valeria Fonte possa condannare senza processo e senza appello l’intero genere maschile. Compreso il lettore di questo articolo, oppure vostro marito, vostro figlio, il vostro fidanzato.

Durante l’ultima puntata di Quarta Repubblica, l’autrice del fortunato post “è stato il vostro bravo ragazzo”, riferito a Filippo Turetta, ha rasentato il limite del ridicolo. Non solo perché ritiene inutile anche solo celebrare il processo nei confronti del killer, il quale andrebbe a suo dire gettato direttamente in gabbia per aver ucciso Giulia Cecchettin (più che probabile) e premeditando il gesto (possibile, ma da verificare). Non solo perché dimostra una notevole ignoranza delle più basilari norme del diritto penale. Ma soprattutto per il ragionamento di cui si è fatta portavoce e che sta prendendo piede nell'universo femminista. Questo: “Io dico che tutti gli uomini sono responsabili, tra cui Filippo”. In che senso, scusi? “Ogni uomo ha sentito l’esigenza di dire: ‘Io non c'entro, mi assolvo’. Ma questa è una parte integrante della cultura dello stupro che ha insegnato agli uomini ad assolversi nel caso in cui non arrivino ad uccidere una donna”.

Non sarebbe insomma il gesto di armarsi di coltello o di infierire sul cadavere della propria fidanzata a “determinare una colpa”. No. “A determinare la responsabilità di una categoria intera è il genere di appartenenza: non conta che l’uomo uccida o stupri una donna, il problema è che la cultura patriarcale viene inserita nel biberon dei maschi da quando nascono così da insegnare loro ad esercitare un potere da cui non possono sottrarsi”. Silenzio in studio, giustamente.

Il direttore Sallusti, biasimando la generalizzazione, risponde con una battuta: “Se lei ha un problema con gli uomini lo capisco, ma è un problema suo”. Perché non ha senso accusare ogni maschietto sulla terra, dai bimbi di 5 anni fino agli anziani 96enni, compresi peraltro i padri di Giulia e Filippo, per l’omicidio commesso da un singolo esponente della categoria. Altrimenti sarebbe come affermare, e nessuno lo fa, che tutti gli abitanti civili di Gaza dovrebbero essere puniti unilateralmente per l’eccidio portato avanti dagli esponenti Hamas (che peraltro hanno votato e accettato).

Nel mondo ci sono tanti uomini che commettono atti orribili. E tante donne fanno altrettanto. Possiamo davvero pensare di essere di fronte a “un problema sistemico”? Davvero l’Italia è composta da milioni di uomini gelosi, che chiedono di cambiare abiti alle compagne, fidanzati che abusano delle fidanzate o chiamano “troie” le signorine per strada? “Non si può assolvere” il genere maschile, sostiene Valeria Fonte, “mettendo in galera” solo gli autori di femminicidio. Bisogna punire tutti: “L’Italia è tutta criminale”.

E tanti saluti al sacrosanto principio secondo cui la responsabilità penale è sempre e solo personale.

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