Roberto Gotta
La Finale NBA viaggia verso Detroit proprio nel momento in cui ha preso una direzione opposta: San Antonio. Le prime due partite, giocate nella città texana, hanno evidenziato una chiara superiorità degli Spurs, tale da rendere ancora più appetitose le due (se non tre) gare che ora i Pistons giocheranno in casa, stasera (diretta su SkySport 2 dalle 3), venerdì e ancora domenica prossima, se sarà il caso. C'è ancora tempo perché si avveri la saggia previsione di una finale tra le più combattute degli ultimi anni (è dal 1994 che non si arriva a giocare una gara7, cioè l'ultima possibile), ma fino ad ora è stato un massacro: dal 17-6 con cui i Pistons erano andati in vantaggio nel primo quarto di gara1 San Antonio ha inflitto agli avversari un parziale complessivo di +47, vincendo la prima partita 84-69 e la seconda 97-76.
A guidare l'assalto alla dura difesa di Detroit sono stati due giocatori, Tim Duncan e Manu Ginobili, che ha segnato 26 punti in gara1 e 27 in gara2. Ma se il primo è quasi noioso nella sua regolarità ad altissimo livello, il secondo ha compiuto il balzo da protagonista saltuario a stella assoluta. E lo ha fatto accentuando le caratteristiche che aveva già mostrato da ragazzino in Argentina, ai Mondiali del 1998 in Grecia, quando da semisconosciuto alla platea europea (ma non alla Viola Reggio Calabria, che lo aveva acquistato) aveva esibito in pochissimi minuti di impiego già le doti spettacolari che ora sono esplose, e poi alla Virtus Bologna, con la quale nella stagione 2001 fu Mvp sia dell'Eurolega sia della Serie A1.
Gregg Popovich, il coach di San Antonio, fino alla serie di playoff contro Seattle aveva utilizzato Ginobili come sesto uomo, per dare una scarica di energia, quasi ad ammettere che l'argentino fosse un giocatore di rottura e non un protagonista da lunghi minuti. Buonanotte, Manu non si è più fermato.
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