Il codice penale non contempla la pietas. È omicidio. Colposo, preterintenzionale, ma comunque omicidio. Un genitore, ma anche chiunque, che abbandoni a se stessa una creatura di 20 mesi, compie un gesto, pur non volendolo compiere, dissennato e irresponsabile.
La morte della piccola povera Elena è stata determinata solo ed esclusivamente dellagire del padre. Cui era affidata. Qualunque sarà la sanzione che egli subirà dopo linevitabile processo, sarà infinitesimale rispetto alla tragedia che egli porterà nel cuore per tutta la sua vita. Se vita potrà ancora mai definirsi la sua esistenza inseguita dal ricordo terribile di non essersi ricordato della sua piccola. Che, per questo, e solo per questo, è morta. Lui laveva in custodia e lui lha lasciata incustodita.
Ma la mamma della bimba, incredula e straziata, è ricchissima invece di pietas verso il marito: lo sta avvolgendo amorevolmente con la sua comprensione, unita a lui dallamore e dal dolore insieme per la loro figlioletta. La sua prima reazione è stata capirlo, la seconda giustificarlo, la terza riconoscere i suoi meriti. La rabbia e il rancore, sovente i sentimenti che sgorgano violenti e immediati di fronte allincomprensibile crudeltà del destino, non albergano nellanima di questa donna dolente e coraggiosa: ha perso la sua piccola, sta per mettere al mondo unaltra creatura, e il padre di entrambe, suo marito, è contemporaneamente responsabile della loro vita e della loro morte.
È un dramma obiettivo e insuperabile.
Per la maggior parte delle persone questo dolore atroce sarebbe motivo di distacco, di perdita della fiducia, addirittura di odio. Perfino di voglia di disintegrare il «colpevole», reo di un impensabile e assurdo comportamento.
Invece ci sono persone diverse, come Chiara Sciarrini, la mamma di Elena, che sono motivate a cercare le cause del dramma e non a colpire lautore del disastro esistenziale. Tra la morte, anche dei sentimenti positivi, e la vita, scelgono la vita. Chiara ha scelto di privilegiare i valori della vita. La vita del padre a favore del figlio che verrà e a favore di lei stessa, in modo da poter dare un senso al resto della sua esistenza. E così lo difende, raccontandolo come padre esemplare e affettuosissimo, marito generoso, infaticabile e protettivo.
Per tanti di noi, e per la legge, questa descrizione è insufficiente ad assolverlo: chiunque può essere esemplare fino a un dato momento, e poi sbagliare. Da quellistante in poi, cè un infarto tra lessere e lessere stato. Ed è lerrore con le sue conseguenze che deve essere considerato da chi ha il compito o loccasione di giudicare.
Non basta dire «non lho fatto apposta» per andare esenti da ogni colpa. Il mondo si regge sulle responsabilità di ciascuno nel proprio ruolo; il ruolo del genitore è il più gravido di responsabilità. Impone lattenzione continua. Ogni distrazione, indifferenza, omissione, leggerezza influisce, anche irreversibilmente, sulla vita dei figli. Dimenticare, anche per una frazione di secondo, di essere genitore di figli ancora incapaci di autonomia, significa non comprendere limportanza incommensurabile del ruolo. Certo, si dirà che non sempre le mancanze di un padre o di una madre provocano la morte dei figli; ma pensiamo invece a quanti piccoli vengono persi sulle spiagge, cadono dai balconi, vengono rubati, molestati, drogati e uccisi: ci rendiamo subito conto che il ruolo dei genitori viene - da loro stessi - dato troppo per scontato e vissuto con distrazione o superficialità. Anche momentanee.
Il dramma di un genitore che vede morire il figlio è il più insuperabile tra i tormenti possibili, perché è contro lordine naturale delle cose; è laborto di tutto lamore che cè ancora da esprimere; è la fine di ogni desiderabile serenità: è laggressione ineluttabile al futuro immaginato.
Tuttavia, è cosa ben diversa, e più tragica, se la vita si porta via il figlio non per fatti ingovernabili dai genitori, ma per la responsabilità, o lirresponsabilità, di uno o entrambi i genitori.
È nella differenza tra lalternativa eventuale tragedia, che si impone la necessità di accusare il destino o se stessi.
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