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Negli abissi tra i segreti dei padroni del mare

Il Celacanto è l’unico esemplare marino vissuto uguale a se stesso per 200 milioni di anni

Negli abissi tra i segreti dei padroni del mare

Pianure subacquee, vulcani, ghiacci, grandi abissi: in questi ambienti così diversi l'uno dall'altro, vivono animali davvero sorprendenti. Vediamone alcuni.
Il più grande animale al mondo è anche l'essere vivente più imponente che sia mai esistito. Può pesare fino a 130 tonnellate (come 150 automobili da città messe assieme) ed arrivare alla lunghezza di oltre 30 metri: una balena, in un campo di calcio, coprirebbe con tranquillità l'intera area di rigore. Un corpo così grande ha bisogno di molto nutrimento, e per questo la Balena azzurra mangia parecchio: 4 tonnellate di piccoli crostacei al giorno. Tutto è enorme nel loro corpo: il cuore di una balena azzurra pesa circa 450 chili ed è grande come una automobile. Nelle sue vene scorrono più di 6 tonnellate di sangue e l'arteria aorta, uno dei vasi sanguigni più importanti, è più larga del corpo di un uomo. La lingua? Enorme: pesa 4 tonnellate.
La Balena azzurra è anche molto rumorosa: sott'acqua, per comunicare con i propri simili, emette dei richiami con una voce tremendamente forte: 188 decibel. Un rumore che supera di diverse volte il tremendo ruggito dei motori di un jet al decollo, per esempio, che arriva a 140 decibel. O il fastidioso picchiare dei martelli pneumatici. Le grida delle balene, aiutate anche dall'acqua (che trasmette molto bene le vibrazioni sonore) possono essere così sentite anche a centinaia di chilometri di distanza.
In Italia è una tradizione: che si chiami stoccafisso, baccalà o bastoncini di pesce, è sempre il Merluzzo il pesce che arriva sulle nostre tavole. Più di 60 diverse specie di pesci prendono tutte il nome di merluzzo: tutte appartengono a un'unica famiglia, i Gadidi. Il migliore e più importante è il merluzzo dell'Atlantico, o Gadus Morhua. Vive soprattutto nei mari freddi del nord, alla profondità di circa 200 metri. E durante la sua vita può percorrere migliaia di chilometri. È un predatore feroce: mangia pesci più piccoli, come le aringhe. Si riunisce in inverno in enormi gruppi per l'accoppiamento: ogni femmina depone da 4 a 7 milioni di uova. Ogni uovo contiene una minuscola goccia di olio: e questo lo fa galleggiare nell'acqua per tutto il tempo dell'incubazione. La nascita del piccolo merluzzo avviene dopo circa 2 mesi. E dopo due anni giunge all'età adulta.
Il merluzzo è uno dei pesci più importanti per l'uomo. Intere regioni lo hanno pescato, lo hanno mangiato, si sono arricchite grazie a lui. Fin dal sedicesimo secolo pescatori inglesi, francesi, portoghesi, norvegesi fanno scendere in mare pescherecci adibiti solo alla pesca intensiva del merluzzo. Durante le battute di pesca, che potevano durare mesi, gli equipaggi scendevano a dormire sulle spiagge e facevano seccare al sole e al vento i merluzzi, per poi portarli a casa e rivenderli in tutta Europa. Una tradizione che dura ancora adesso: quel grande pesce secco e marroncino tanto simile a un pezzo di legno, che viene venduto nei mercati e nei negozi, è identico al merluzzo che si mangiava uno, due, cinque, dieci secoli fa. Non è mai cambiato e ha la stessa provenienza: i grandi banchi di merluzzi del Mare del nord.
Un solo animale? Tutt'altro. La Caravella Portoghese, una medusa velenosissima per i pesci e per l'uomo, è invece un incredibile multiorganismo acquatico. In pratica si tratta di una colonia di individui, alcuni con la forma di medusa e altri di polipi. Ogni individuo, come in un formicaio, ha il suo compito: e non può decidere improvvisamente di lasciare la colonia, perché non sarebbe in grado di fare altri lavori né di vivere da solo. Solo tutti assieme gli individui che formano la Caravella possono sopravvivere: e lo fanno in modo molto efficiente. Alcuni si occupano del movimento, altri della riproduzione, altri ancora del galleggiamento o della digestione delle prede. Il tutto si svolge sotto un grande cappello gelatinoso di colore viola, appoggiato su una grande bolla piena di gas che permette all'animale di galleggiare. Spinto dai venti che soffiano sul suo corpo come su una vela, la Caravella naviga continuamente e cattura le prede con i suoi tentacoli velenosi, lunghi a volte anche 40 metri. In questi lunghissimi nastri trasparenti sono contenuti migliaia di piccoli serbatoi caricati con un veleno più potente di quello del serpente cobra. Quando il tentacolo tocca un oggetto, le vesciche vengono liberate e colpiscono la pelle della vittima. La sensazione è dolorosissima, decine di volte più grave del normale contatto con una medusa dei nostri mari. Gli animali più piccoli ne restano subito vittime: una volta bloccati, la Caravella lentamente li avvolge e li digerisce. Per dividere poi il nutrimento con tutti i membri della colonia. Solo due animali sono immuni al veleno: un pesciolino, il Nomeus, e la tartaruga marina. Che si avvicina senza problemi alla Caravella e, spesso, se ne nutre.
Un altro animale marino misterioso e davvero particolare è italiano. Vive lungo le coste dell'area marina protetta «Porto Cesareo», in provincia di Lecce. Si chiama Turritopsis Nutricula, è una minuscola medusa (non raggiunge i 2 millimetri di lunghezza) ed ha una qualità: non muore mai. La Turritopsis inizia la sua vita come un minuscolo polipo, che vive per un certo periodo fissato al fondo. Poi, una volta raggiunta la maturità, si trasforma in medusa, che nuota libera nel mare. A questo punto la Turritopsis, come tutti gli animali, si riproduce. E poi si avvia verso la vecchiaia. Ma anziché morire, come avviene sempre, la Turritopsis scende sul fondo e si ritrasforma... in un giovanissimo polipo. Quando l'ambiente è di nuovo favorevole, il polipo di trasforma di nuovo in medusa, di riproduce e poi torna polipo. Esattamente come potrebbe avvenire a una farfalla capace, dopo aver deposto le uova, di ritrasformarsi in un bruco.
Quello della Turritopsis è un esempio straordinario. E forse studiandolo a fondo gli scienziati riusciranno a trovare un modo di evitare, o almeno di ritardare la morte.
Vive nell'Oceano Indiano e nel Pacifico, è un vero fossile vivente ed è un cugino dei polpi e delle seppie: ma a differenza di questi, il Nautilus pompilius ha una particolarità, una conchiglia esterna. Un oggetto affascinante, perfettamente simmetrico esternamente e internamente, costruito in modo da permettere all'animale di restare sospeso nell'acqua come un perfetto sommergibile. Perché all'interno della conchiglia il Nautilo soffia o elimina la quantità di aria che gli serve per cambiare quota nell'acqua: più aria per salire, meno aria per scendere. E poi si sposta in senso orizzontale usando l'acqua come un jet, succhiando e poi espellendo getti rapidi di acqua dal sifone posteriore.
Scoperto nel 1829, il Nautilo è un vero fossile vivente: i suoi antenati, infatti, hanno lasciato negli strati fossili di tutto il mondo le loro conchiglie, che si sono conservate perfettamente e sono giunte sino a noi. Tanto perfetta da permetterci di osservare le loro caratteristiche: le conchiglie dei nautili fossili e quelle dei loro nipoti contemporanei, a distanza di qualche centinaio di migliaia di anni, sono perfettamente uguali.
Un pesce grosso, tozzo, con un corpo blu maculato di bianco ricoperto di scaglie durissime e una bocca piena di denti conici: per almeno cento anni gli scienziati hanno conosciuto questo animale solo nei libri, esaminando i corpi fossili trovati imprigionati in pietre antiche di centinaia di milioni di anni. Era la forma del Celacanto, un pesce dell'ordine dei Crossopterigi che gli scienziati ritenevano estinto fin dai tempi dei dinosauri. Ma nel 1938, per la prima volta, ricercatori sudafricani si trovarono di fronte a un esemplare contemporaneo: i resti riconoscibilissimi di un Celacanto trovati da un pescatore e inviati agli scienziati dell'Università di Capetown. Per qualche anno la zona del ritrovamento fu continuamente scandagliata per trovare altri esemplari viventi, ma invano. Solo nel 1952 ne venne pescato un altro, questa volta nei pressi delle isole Comore (nell'Oceano Indiano, al largo del Mozambico): lì il grosso pesce era conosciuto da sempre, la sua carne veniva mangiata in salamoia e la sua pelle ruvidissima utilizzata per lavorare il legno. Nel 1987 un altro passo in avanti: un gruppo di ricercatori tedeschi del Max Planck Institut di Berlino, grazie a un batiscafo, hanno studiato il Celacanto nel suo ambiente naturale. Oggi questo straordinario pesce è in pericolo di estinzione: l'ultima colonia conosciuta, quella delle isole Comore, sembra si stia rapidamente impoverendo. Sarebbe una catastrofe: un pesce che è sopravvissuto sempre uguale a se stesso per duecento milioni di anni potrebbe sparire dai mari del mondo.
Bocche enormi e denti lunghissimi e affilati, occhi grandi e sporgenti e stomaco dilatabile, per poter accogliere senza problemi prede anche molto grandi. E hanno nomi suggestivi: pesce lampadina, falce, lanterna, bocca spinosa, persino pesce vipera. Sono i Pesci abissali, i predatori delle acque molto profonde. Vivono in un ambiente ostile, difficile, senza luce e con pochissimo ossigeno, dove si muovono poco per far durare a lungo le riserve di energia che faticosamente riescono a ricavare. Hanno un aspetto feroce, davvero... mostruoso: anche grazie a un'altra loro speciale caratteristica, la fosforescenza. Alcune zone del loro corpo sono luminose, come succede al ventre delle lucciole nelle notti d'estate. I pesci abissali utilizzano questa luce soprattutto per comunicare tra loro: e i loro occhi vedono solo tre colori, il violetto, il rosso e il blu, gli stessi colori emessi dai loro fratelli. Altre volte usano la luce come trappola: incuriosite dai bagliori, le prede si avvicinano. E quando si accorgono, per esempio, di essere finite tra le piccole luci che il pesce vipera ha all'interno della bocca... è troppo tardi.


(3. Continua)

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