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Nei bilanci vaticani San Pietro vale solo un euro

La basilica di San Pietro vale un euro. Un euro solo. Non si può comprare, perché non è in vendita, però questo è il suo valore: una moneta da un euro. Quanto il biglietto del tram, quanto un pacchetto di gomme da masticare, quanto un giornale, quanto un cappuccino o una brioche. «Sì, sì, ma non è in vendita». La battuta è del cardinale Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli affari economici della Sede apostolica (Apsa). È un valore simbolico, ovviamente. Ma questo non diminuisce la suggestione: l’emblema della Chiesa cattolica, il simbolo globale della Santa Sede, vale quanto un accendino. Sebastiani spiega che il valore nominale di un euro è una prassi piuttosto comune nei bilanci statali: il Vaticano la applica al suo bene immobile più prezioso, ma non in vendita. Altri Stati tuttavia non fanno così: Buckingham Palace, solo per citare un esempio, vale 300 milioni di sterline, cifra bassa, ma certamente non nominale. C’è di più: all’epoca della lira, San Pietro valeva una sola lira, molto meno di oggi. All’epoca si manifestò il dilemma: con l’introduzione dell’euro quale sarebbe stato il valore da attribuire alla Basilica. La scelta era tra un centesimo e un euro.

Già all’epoca, Sebastiani fece capire che sarebbe stato di un euro.

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