Cultura e Spettacoli

Nei cinema c'è «Valerie»: senza i manifesti dello scandalo

Esce il 30 aprile il discusso «Diario di una ninfomane». La distribuzione denuncia: ci oscurano. Il «giallo» della locandina: fuori dalle sale vietata l'esposizione, ma all'interno delle sale l'immagine sarà proposta in due diverse versioni. Per lunedì atteso il visto della censura

A pensarci bene, quella del film senza locandina potrebbe essere la nuova frontiera dei collezionisti. Il cult, insomma, del manifesto fantasma. Perché nessuna immagine pubblicitaria accompagnerà in Italia la pellicola «Valerie, diario di una ninfomane» con la regia di Christian Molina. In compenso, le polemiche sì. La conferma ufficiale viene da Tommaso Tabarelli, responsabile della Mediafilm che distribuirà il film in 90 copie dal 30 aprile. Alla conferenza stampa di oggi a Roma c'era anche la stessa Valerie Tasso, autrice del best seller da cui è tratto il film e che ora si sente al centro di un complotto mass mediatico («Al giorno d'oggi si può scrivere il «diario di un assassino» senza che nessuna sollevi lo sguardo scandalizzato, ma la parola "ninfomane" resta un tabù insuperabile», ha dichiarato di recente in un 'intervista). Sarà. Tra l'altro, la Tasso si trova s(p)esso e volentieri platealmente e curiosamente in disaccordo con la sua alter-ego cinematografica, la protagonista Belen Fabra.
«Abbiamo proposto la locandina e il manifesto del film alle società che gestiscono la pubblicità nelle grandi città italiane: a Roma, Milano, Torino e Napoli - spiega il distributore -. Ci hanno detto, inizialmente, che dovevamo coprire la mano che si insinua "in maniera molto casta" - sottolinea testuale (!) - sotto un paio di slip indossati da una donna». Ma il caso non finisce qui. «In seguito hanno bocciato anche il secondo manifesto (in cui appare una striscia nera sulla mano, come se la locandina fosse stata strappata, ndr) dicendo apertamente che in Italia c'è il Vaticano e che la parola "ninfomane" non si poteva usare perché induceva al peccato», denuncia Tabarelli. «Alla fine ci hanno proposto di cambiare il titolo in "Valerie" e basta. Ovviamente abbiamo rifiutato».
L'impressione è che il tam tam sull'oscuramento da parte dei poteri forti possa dare i suoi frutti, eccome, al botteghino. Altro particolare non irrilevante: per il film di Christian Molina si potrà vedere il manifesto solo all'interno dei cinema in cui sarà programmato (attenzione però: «Nessuna multisala, comunque, perché lì non vogliono un film che non sia adatto alle famiglie», dice la distribuzione). E nelle due versioni, per non scontentare nessuno.
Intanto lunedì la commissione censura deciderà se vietare il film ai 18 o ai 14 anni e solo allora la Mediafilm potrà programmare la pubblicità sulla stampa, dove pare non si verifichi la stessa resistenza verso i manifesti cittadini, sebbene nei fatti lo scatto in questione sia stato praticamente ignorato dai maggiori quotidiani. Compresi quelli - è il caso, ad esempio, dell'«Unità» - che hanno dato lezioni anticensura ma poi si sono ben guardati dall'ospitare la locandina sulle proprie pagine. Pazienza, il motivo c'è. I mancati introiti dalla pubblicità di «Diario di una ninfomane» sono stati ammortizzati - giurano le concessionarie pubblicitarie - dai messaggi a pagamento in vista delle imminenti elezioni. Per la serie: quando la politica «tira».

Con buona pace dei nuovi «censurati», o presunti tali.

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