Nei templi delle megavincite dove si invoca la dea fortuna

Pochi i clienti diventati milionari col Superenalotto, ma i bar delle schedine d’oro sono ricercatissimi: «Tutti ci chiedono denaro, anche dall’India»

Sono stati il teatro della gioia di chi non c’era, testimoni della fortuna di altri. E, a quel giorno incredibile, hanno innalzato un piccolo santuario. In ogni ricevitoria dove è stato imbroccato il fatidico «6» del Superenalotto, le pareti sono tappezzate di foto e articoli di giornale. Immagini festanti che incorniciano un numero, vero idolo del santuario: i soldi vinti.
Lunedì 3 dicembre il Superenalotto ha compiuto dieci anni. Una decade di sogni e giocate, di gran soldi incamerati dallo Stato e di poche, ma clamorose, vincite milionarie. È il fascino del gioco: dare a chiunque la possibilità, al costo di un euro, di diventare multimilionario. E non pensiamo al fatto che le probabilità di vincere siano una su 685 milioni (è più facile fare una chiamata a caso verso gli Stati Uniti e sentirsi rispondere da Sharon Stone, o essere coinvolti tre volte consecutive in un disastro aereo). Di sicuro, nell’universo di quei fatidici novanta numeri, ci sono solo i soldi che vanno alla Sisal e allo Stato, che incamera oltre il 50%. In dieci anni il Superenalotto ha incassato 22 miliardi e distribuito vincite per 7 miliardi e ottocento milioni, portando all’erario tanti soldi quanto una legge finanziaria. Da una parte i giocatori (dieci milioni a settimana), dall’altra lo Stato. Nel mezzo il popolo di baristi e tabaccai, che quotidianamente raccolgono speranze e sogni dei giocatori. «Di “se vincessi farei...” ne sento di ogni sorta – racconta Annunziata Michele della ricevitoria numero 1 di Milano -. C’è chi vorrebbe fare un viaggio e chi giura di essere pronto a lasciare la moglie e cambiar vita». Ma la prospettiva cambia una volta che uno dei tuoi giocatori diventa milionario: «Allora la gente inizia a chiedere soldi – dice Lorenzo Ieranò del bar Corona di Veduggio con Colzano, paesino del Milanese dove nel 2005 una schedina da un euro si portò a casa 66 milioni -. Non a te ricevitore, ma al vincitore. Come se io sapessi chi è. I primi mesi veniva gente di tutti i tipi, questuanti, rappresentanti di associazioni benefiche, persino la tv cinese. Roba da matti. Ho ricevuto anche una ventina di lettere, di cui una dall’India: era di un pescatore che chiedeva soldi per il suo commercio». «Noi di lettere – confida Filippo Maggioli, della ricevitoria di Capanni di Savignano sul Rubicone, che nel 2007 ha segnato una vincita da 71 milioni e mezzo - ne abbiamo ricevute oltre 50». E dal vincitore? «Zero assoluto». Immancabile corollario la nascita di dicerie e leggende locali. «Ormai noi siamo diventati una barzelletta – commenta Elsa Accastello dell’omonimo bar ristorante di Sangano (Torino), dove nel 2005 sono stati vinti 62 milioni e mezzo -. Non abbiamo ricevuto niente dal misterioso vincitore. Ma ci è rimasta la nomea di bar della fortuna, che ci ha portato un sensibile incremento della clientela».
«Io pochi giorni dopo la vincita ho ricevuto una telefonata – dice Alfonso Dimanuele, tabaccaio di Stagno di Collesalvetti, dove nel 2004 una schedina si portò via 38 milioni – in cui un uomo mi prometteva un bel regalo per Natale. Ma non è mai arrivato niente. Almeno la notorietà non è scomparsa, e ancora oggi, con ogni cliente nuovo lo scambio di due battute sull’evento è assicurato».

Impossibile in effetti entrare nella tabaccheria e non guardare la composizione affissa al muro: le foto di un sorridente signor Alfonso che brinda alla fortuna di uno sconosciuto, le prime pagine dei quotidiani locali che riportano l’evento, e quel cartello, impressionante, a monte del tutto, che recita: qui vinti 38 milioni di euro.

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