Nel 1994 ho scoperto il «mio» Giornale dopo un tradimento

Nel 1994 ho scoperto il «mio» Giornale dopo un tradimento

È capitato al Giornale, in generale ma alla sua redazione di Genova, in particolare, di ricevere una speciale investitura dalla sorte, quella di costituirsi come avanguardia di un processo di rinascita popolare nell'ambito della nostra città dopo un periodo che a voler essere generosi può essere definito deprimente. E questo giudizio, dunque, non può che essere soggettivo e oggettivo insieme. Oggi di un processo che localmente può configurarsi, senza retorica, tale da essere definito storico si cominciano a vedere i frutti derivanti dal consenso crescente che il quotidiano riceve proprio nel capoluogo della nostra regione dove esso anagraficamente ha soltanto trentacinque anni. È un giovanotto, insomma, e di belle speranze. Il suo merito fondamentale è quello di aver mantenuto un livello professionale in linea con le sue origini. Questo non gli ha impedito di diventare un foglio popolare; è stato capace cioè di aprirsi ai lettori e ai liguri in genere. È venuto nel corso del tempo tastando il polso alla gente e limitando dunque al minimo quel rischio che non pochi quotidiani corrono e che scaturisce dalla tentazione dell'eccesso di professionalità, da cui scaturisce la confezione di un prodotto che si rivela distante dalle esigenze immediate e mediate dei lettori.
È stato un atto di intelligenza editoriale aver colto che negli ultimi vent'anni (in quel di Genova e non solo) l'atmosfera stava cominciando a cambiare. Qui da noi come altrove (nella nostra penisola) c'è solo da rammaricarsi che tali processi siano in generale così lenti e il vento divenuto inquieto incontri difficoltà a spazzar via quanto di stantio viene ancora incontrando. Abbiamo tutti davvero bisogno di un lungo periodo di aria fresca che cancelli atmosfere imbalsamate che continuano ad assopire una città che troppo a lungo ha cercato di fare la «bella addormentata» lasciandosi avvolgere da un anestetico confezionato dalla sinistra. Nonostante quelle ideologie conclamate e le suggestive speranze che le animavano e quel che da entrambe ne seguì per qualche decennio, come ha detto un celebre regista, «invece di aria fresca ottenemmo disinformazione, settarismo, intolleranza, una timorosa condiscendenza, l'abuso del potere. Lo schema è immutabile: le idee vengono burocratizzate e corrotte. A volte accade in fretta, a volte ci vogliono cent'anni. Nel caso del sessantotto, accadde a velocità pazzesca. I guasti prodotti in breve tempo furono incredibili, e difficili da riparare» (Ingmar Bergman).
Genova ebbe ad accelerare il suo processo di decadenza e rinchiudendosi in se stessa si automarginalizzò, cullata da un ritmo musicale lento che tutt'oggi ci viene riproposto con ripetitiva insistenza dalle tradizionali maggioranze politiche in regione, provincia e comune. Negli anni '90 ha cominciato a profilarsi una riscossa testimoniata dall'emergere del fenomeno politico della Lega Nord e poi da quello di Forza Italia. Un nuovo mulino ha cominciato a macinare politica, contestando alle crusche circolanti la loro supremazia. Ed è qui che si innesta il mio percorso personale: aderii alla Lega Nord nel '93 e la lasciai alle fine del '94 quando contribuì alla caduta del primo governo Berlusconi. Da allora molto è cambiato e quell'alleanza, ricostituendosi, è diventata stabile.
È in questi anni che ho incontrato il Giornale e da allora ne sono divenuto un lettore. Devo aggiungere che dal 23 febbraio del 2006 nelle pagine genovesi e liguri di tale quotidiano mi è stato generosamente concesso uno spazio che presso altri giornali cittadini era impensabile averlo. E di questo sono grato a Lei, dott. Lussana che in qualità di direttore della redazione locale, si è comportato in maniera longanime. Può darsi che, prima, fosse nel mio destino la preclusione a poter collaborare ad un quotidiano della città in cui sono nato. Ma come si fa a ignorare (o peggio a) dimenticare la federazione di clientele (più o meno politiche) che divenne l'ossatura di una città ridimensionata come la «pelle di zigrino» del celebre racconto di Balzac? Come si può credere al caso (ripetutamente negativo) in un ambiente dove tutte le porte si schiudevano soltanto al cenno dei soliti manovratori degli scambi che simili al celebre diavoletto di Maxwell discernevano occhiutamente gli atomi (loro convenienti, allontanando sistematicamente gli altri)? Genova ha subito, forse suo malgrado, un processo di asfissia controllata da cui lentamente sta uscendo.

E a questa uscita, propugnandola, ha contribuito nell'ambito dell'informazione in maniera rilevante il Giornale. Gli altri (quasi tutti) in maniera aperta e sovente più o meno dissimulata hanno fatto i soldatini di sinistra.

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