Economia

Nel 2004 profitti record per le imprese

In aumento la produttività dell’industria (+3%) dopo i recenti cali

Massimo Restelli

da Milano

Le grandi e medie imprese provano a traghettare l’Italia fuori dallo stagno. Malgrado un’economia intermittente, il sistema industriale ha dato segni di riscatto archiviando il 2004 con 28 miliardi di profitti (il valore più elevato del decennio) abbinati a ricavi in salita del 7,6 per cento. La diagnosi è firmata da Mediobanca che ha soppesato i bilanci dei protagonisti dell’economia nazionale (lo studio si intitola «Dati cumulati su 2007 società italiane») portando al debutto le Ferrovie dello Stato. La conclusione, valida anche per la prima parte di quest’anno, è che il traino è stato rappresentato dal settore dell’energia e dei servizi pubblici anche grazie alla congiuntura extra europea e alla Cina. Ancora zoppicante il «Made in Italy», così come l’efficienza che, pur con una produttività migliorata continua a distruggere valore. Stretta del fisco a livelli in linea con quelli dell’Ue.
Bene l’export (più 8,5%), meno occupati. Rispetto al 2003, gli utili sono saliti di 17,7 miliardi (più 65%). Rilevante il peso del cosiddetto «disinquinamento fiscale» (11 miliardi), al netto del quale si ottiene un saldo corrente di 33,2 miliardi (altro massimo storico). Buone notizie dai ricavi, spinti dalle esportazioni (più 8,5%; meno 0,8% nel 2003) ma anche delle vendite in Italia (più 7,3%). Quasi doppio lo sviluppo delle realtà industriali (più 8,4%) rispetto al terziario (più 4,4%), grazie rispettivamente alle costruzioni (più 13,6%) e alla ricaduta del caro-petrolio sulle aziende energetiche (più 16,3%). Bilanci dietro cui Mediobanca (introdotta la distinzione tra le grandi imprese e le multinazionali con almeno 2 miliardi di ricavi) vede aleggiare il riordino della filiera produttiva con una maggiore delocalizzazione verso l’estero: bene gli investimenti tecnici (più 5,4%) a fronte di finanziari in discesa del 24,8%. Il capitale investito ha toccato 474 miliardi (più 16,2% sul 2001). Prosegue il calo degli occupati (meno 18.710 posti di lavoro, con una riduzione 4,9% nel triennio) concentrato nel pubblico.
Riprende il manifatturiero. Rialza la testa il manifatturiero (più 5,5% rispetto all’andamento piatto del 2003). Corre la siderurgia (più 26%) così come torna a crescere la chimica (più 5,8%) ma soffrono alimentari, bevande, beni per la casa e per la casa (etichettati come made in Italy), incollati a variazioni dell’1,2-1,5%.
Sale la redditività, meno occupati. Ad avviare la ripresa sono state per prime le grandi imprese (più 6,4%) ma a migliorare per la prima volta dopo la frenata del 2001-2002 è anche la produttività nel manifatturiero (più 3%). Numeri insufficienti per rendere efficiente l’impresa Italia anche se la distruzione di ricchezza (dall’1,3 allo 0,5% del capitale investito); in controtendenza le realtà energetiche (più 5%). Più solide le imprese pubbliche ma migliora anche il dato sulla la profittabilità (Roi) dove continuano a svettare le multinazionali estere.
Obbligazioni superstar. Mentre i dividendi tornano a superare gli aumenti di capitale, la pressione del fisco aumenta dal 30,4% al 34,1% mantenendosi tuttavia in linea con il dato Ue (35%) anche se l’Irap penalizza le medie imprese (46,7%).

Confermata la predilezione delle imprese per i prestiti obbligazionari con indebitamenti lievitati di 6,7 miliardi malgrado la riduzione dell’esposizione bancaria.

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