Non si sono fatti pregare, assicurano gli organizzatori. Tre candidati sindaco per Milano e una platea gremita dagli scouts di Agesci (Associazione guide e scuouts cattolici italiani) e Cngei (Corpo nazionale giovani esploratori). Oltre ai ragazzi del Progetto giovani delle Acli. Nessuna diretta tv e giornalisti ammessi senza diritto a fare domande. «Un unico applauso e solo alla fine, qui non cerchiamo i punti di auditel», chiede allinizio il moderatore.
Ieri sera al teatro del Pime, il Pontificio istituto missioni estere, cè stato quello che potrebbe rimanere lunico confronto a tre dellintera campagna elettorale tra Letizia Moratti, Giuliano Pisapia e Manfredi Palmeri. Per due ore immersi in un'atmosfera magica (a parte i pochi minuti di tensione per il blitz di Forza nuova). I calzoni corti, le facce pulite con qualche brufolo e i fazzolettoni al collo sono il miglior antidoto ai veleni di una campagna elettorale già così tossica. Con la Moratti che ribadisce lostracismo a Roberto Lassini, il candidato dei manifesti choc.
La prima lezione è proprio per gli aspiranti a Palazzo Marino, con la prima legge degli scuout che «pongono il loro onore nel meritare la fiducia». Da scolpire e mettere nello studio del sindaco. Perché candidarsi? «Non ho mai lasciato una lavoro a metà» assicura la Moratti. E ricorda le nuove tecnologie e i conti della Rai rimessi in ordine e le tre riforme ultimate prima di lasciare il ministero dellIstruzione. Per Palmeri la voglia è di «coltivare il giardino di Milano con amore e cura. Non solo per la propria pianta, ma arando il terreno per far crescere anche tutte le altre». Con Pisapia che apre ruvido chiedendo il voto agli immigrati, per «fare partecipare i tanti che sono venuti a Milano in questi anni». E poi ricorda Greppi, primo sindaco di Milano nel dopoguerra che ai suoi diceva «fate in fretta perché i poveri e gli emarginati non possono aspettare». O il cardinale Martini quando scriveva che «chi è orfano della casa dei diritti, difficilmente sarà ospite della casa dei doveri». E allora promette lotta alla burocrazia, lavoro e accoglienza. Mentre per la Moratti in cima al programma «ci deve essere la famiglia, non un problema a cui dare risposte, ma un valore che deve trovare più spazio nelle politiche del Comune e del governo». Tutti daccordo sulla lotta alla mafia. Con Pisapia che ricorda come un rapporto della Dia dica che un esercizio milanese su cinque sia a rischio pizzo. Con la Moratti che ribatte pronta con gli «ottantotto immobili sequestrati alla criminalità organizzata e reimpiegati per attività sociali: anziani, padri separati, giovani». I ragazzi chiedono di Expo e lavoro. Di piste ciclabili ed Ecopass. Raccolta differenziata dellumido e smaltimento dei rifiuti. Per Palmeri «Expo in questi quattro anni non ha ancora coinvolto la città, un tempo che non sarà mai più recuperato». Mentre su Ecopass «non si è avuto coraggio, è rimasto un provvedimento a metà, con troppe deroghe». La Moratti difende la sua creatura. «Scegliere il tema della sicurezza alimentare anni fa, per Milano è significato anticipare quello di cui oggi parlano tutti, la lotta alla fame». Ecopass? «Buoni risultati, i dati dicono che cè meno Pm10. Ma è solo un primo passo». Per Pisapia «Expo è stata solo litigi e doppi stipendi. Dimenticando i progetti di cooperazione internazionale per cui avevamo avuto lassegnazione». Ma chiede che levento «riqualifichi le periferie e Milano torni a essere la città della cultura diffusa». Piste ciclabili e bike sharing? «Solo un fallimento». Ecopass? «Sperimentazione che andava fatta. Ma bisogna copiare Londra. E usare i 12 milioni di euro già ricavati, per potenziare il trasporto pubblico». Il Pgt? «Milano non ha bisogno di altri grattacieli e case di lusso». Ma di «case accessibili per studenti e giovani coppie». La Darsena? «Deve diventare un giardino dacqua e non solo un luogo della movida». Per la Moratti «Pgt significa housing sociale e non ghetti, più verde e tutti i servizi a pochi minuti da casa». Pisapia attacca con i «500 sgomberi che sono costati 7 milioni di euro, con lunico risultato di spostare i problemi. Che non si risolvono impedendo ai bimbi di andare a scuola, ma garantendo una casa e una scuola per tutti».
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