Cultura e Spettacoli

Nel gioco dell’anticipazione c’è l’insospettabile Svevo

La fantascienza per sua natura è, anche, anticipatoria, cioè in grado di prevedere e descrivere, con un accettabile margine di approssimazione, macchine, fenomeni sociali, situazioni politiche prossime venture. Per difendere questa tesi si cita sempre o quasi Jules Verne (1828-1905), «anticipatore», oltre che del genere fantascientifico, del sottomarino atomico, degli sbarchi sulla luna, degli inceneritori di rifiuti, dell’ascensore, della pubblicità, dei trapianti, del videotelefono e così via.
Prima di Verne, peraltro, l’idea di raggiungere la Luna e gli altri pianeti avevano già intrigato anche Luciano di Samosata (120-180), autore nel II secolo d.C. di una Storia vera su viaggi spaziali e incontri con extraterrestri, Cyrano di Bergerac (1619-1655, L’altro mondo o Gli stati e gli imperi della Luna, 1657), Ariosto (1474-1533), Voltaire (1694-1778, Micromega), Swift (1667-1745)...
Spesso considerato impregnato di ottimismo positivista, tuttavia Verne in Parigi nel XX secolo (scritto nel 1863) immaginò la trasformazione della città in una megalopoli brutta e infelice (salvo considerare il romanzo troppo pessimista e chiuderlo in un cassetto, da cui saltò fuori solo nel 1989).
Dal canto loro, Herbert George Wells (1866-1946) e Aldous Huxley (1894-1963, Il nuovo mondo) utilizzavano scenari futuri per descrivere le conseguenze, quasi sempre negative, dello sviluppo scientifico e dei conflitti sociali. Per non parlare di George Orwell (1903-1950), che collocava nel 1984 le paure a lui contemporanee (provate a invertire le ultime due cifre del titolo...).
Anche un autore non «di genere» come Italo Svevo (1861-1928) nel finale della Coscienza di Zeno si lascia andare a previsioni apocalittiche: «Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile... E un altro uomo ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto sarà massimo. Ci sarà un’esplosione enorme e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e malattie».
Tuttavia a parere di uno studioso di science fiction come Darko Suvin (nato nel 1930) questi «mondi possibili alternativi risultano decisamente simili al nostro». Un’idea corroborata da uno dei rinnovatori nel genere negli anni Ottanta, William Gibson (nato nel 1948), secondo il quale la fantascienza classica, quella degli anni Cinquanta e Sessanta, prefigurava il futuro come la continuazione tecnologica del proprio presente, il mondo della media borghesia americana.
A sparigliare le carte lo stesso Gibson, ultimamente, ha deciso che «è stupido cercare di immaginare il futuro». Per il cinquantanovenne inventore del termine cyberspazio («ma non ero particolarmente bravo: in Neuromante, uscito nel 1984, non ci sono cellulari. Non ci sono neanche l’e-mail, i siti web e internet») quella che «era fantascienza quando ero ragazzo ora è una categoria storica. Wells aveva un “qui e ora” dal quale contemplare senza fretta ciò che sarebbe potuto accadere. Ora la situazione è del tutto fuori controllo».
Se l’evoluzione tecnologica e scientifica, temuta da Wells e Huxley, lascia al palo la fantascienza, come pensa Gibson, la partita è chiusa? Vernor Vinge (nato nel 1944), scrittore di SF e studioso di informatica (l’Editrice Nord ha recentemente pubblicato tutti i suoi Racconti, in due volumi, traduzione di autori vari, 18 euro l’uno), in un saggio del 1993 sosteneva che forse «siamo sull’orlo dell’imminente creazione tecnologica di entità con un’intelligenza superiore a quella umana. Quali sarebbero le conseguenze di tale evento? Con un’intelligenza superiore a quella umana alla guida del progresso, il progresso stesso sarebbe più rapido e questo progresso potrebbe comportare la creazione di entità ancora più intelligenti. Saremo nell’era post-umana». Comunque vada, «negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, la consapevolezza di questo cataclisma all’orizzonte si è diffusa. Furono gli scrittori di fantascienza a rendersene conto per primi».

Onore al merito.

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