Caro Pranzetti,
con la citazione che lei cortesemente deplora mi sono adeguato, lo ammetto, alla «leggenda nera» antiaustriaca del Risorgimento. «Le mie prigioni» sono state il testo fondamentale di quella leggenda (anche se poi, come lei ricorda, Silvio Pellico divenne bacchettone e reazionario); e lo Spielberg ne fu il luogo simbolo. Secondo gli standard dellepoca il dominio di Vienna fu illuminato ed efficiente, il suo parlamento - dove sedette Alcide De Gasperi - fu un esempio di democrazia e di rispetto per le minoranze etniche e linguistiche. Incontestabile anche se non bisogna esagerare. Lo Spielberg non era una residenza confortevole, i patrioti che vi furono rinchiusi volevano che lItalia fosse liberata da unoccupazione straniera, Cesare Battisti - lautentico, non il terrorista latitante nostro contemporaneo - non è morto di malattia ma per mano del boia.
Eppure bisogna in omaggio alla verità riconoscere - soprattutto alla vigilia di celebrazioni dellUnità - che per il Lombardo-Veneto lessere stato assoggettato allAustria fu un colpo di fortuna. Forse i padri della patria sarebbero stati lungimiranti se, dopo averla messa insieme, avessero adottato le leggi austriache, il catasto austriaco, i principi e lonestà dellamministrazione austriaca. Unamministrazione il cui retaggio contribuisce ancora a dare al nord e al nordest dItalia una particolare efficienza civica.
Non ho mai dimenticato ciò che molti anni or sono mi disse un anziano avvocato altoatesino che si chiamava Raffeiner, che era molto amico del nostro Paese, e che aveva esercitato la professione sia prima del 1918, quando lAlto Adige divenne italiano, sia dopo.
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